02/05/2001

caro Prof Carlo, il suo commento in perfetto humour britannico andava
scritto in inglese ed inviato alle redazione dell'economist;
non essendo io lei mi sono divertito a individuare tre possibili
conflitti di interessi e tutta una serie di svantaggi per l'Italia e per
il Mezzogiorno

suo Gian Carlo Colombo

 Ps mi sto premunendo per un visto di soggiorno per la Tunisia... in
 alternativa vengo a fare il suo porta carte a Houston !!!!!

Non pretendo di avere la ricetta per classificare e valutare l’attacco dell’ Economist, ed infatti mi sono dedicato in questi giorni a valutare i commenti italiani.

Dico subito che il più “divertente”  se divertente si può parlare in fatto di spazzatura ad orologeria, il commento del Prof Pelanda, in chiave altamente psicologica, quello più mirato perché non dà nulla di scontato è quello del prof Baget Bozzo, il quale senza entrare in polemica colpisce nel segno, in nome della cultura laica, socialista con un fondamento di profonda cultura religiosa senza paraocchi.

Per valutare la portata dei testi dell’Economist bisogna valutare non solo il numero incriminato e l’attacco a Berlusconi, alla Cdl, all’Italia sopratttutto, ma numeri passati ed anche la pubblicità del tipo:

“Learn globally, Study locally” il che significa press’a poco valutare globalmente e applicare localmente.

Secondo me esiste una triplice spudorata sfera di conflitto di interessi, ma non di Mediaset, proprio dell’Economist, abile a gettare il sasso e nascondere la mano, dimenticando, come una Parabola ebraica di 2000 anni fa ha insegnato anche ai britabnnici, il trave nei loro occhi e guardando alla pagliuzza dell’avversario e vengo ad elencare:

L’Economist, non da oggi, fa soprattutto gli interessi imperial.- britannici in giro per il mondo e fin qui niente di nuovo, salvo il trattare gli “altri” come colonie e/o ex colonie (vedi gli Usa) e salvo, con altezzosità tutta britannica, far intendere che loro dell’Economist hanno le ricette giuste, e chi non le segue, ebbene è un pò scemo.

E per fare gli interessi britannici si “appoggiano” sempre a chi con il proprio comportamento può essere utile alle loro tesi, come lo sono stati gli uomini di centro sinistra che sono andati sempre a pietire il loro appoggio, ai centri di potere.

Normalmente l’attacco a difesa dell’interesse britannico non è mai diretto, sembra sempre che colpisca qualche altro bersaglio, salvo quest’ultima volta, in questo numero, con attacco diretto contro il leader della CdL.

Ma il leader della CdL non è – questa è la mia tesi – l’obiettivo:

i veri obiettivi sono altri, motivo per cui si cerca di spaventare l’Italia, tanto gli Italiani si fanno intimorire dalla roboanza e dall’autorevolezza della stampa estera perché sono provinciali, un po’ beceri, sicuramente ignoranti.

A.In Italia arrivano pochi finanziamenti esteri per opacità del sistema, burocrazia esasperante, fiscalità perversa: 3% contro il 36% alla Gran Bretagna (conferma del ministro dell’interno a raggio verde!), importante che la situazione non cambi e se vince la CdL “qualcosa”, forse molto, cambierà, quindi bisogna impedire con tutti i mezzi che questa jattura succeda e che i finanziamenti raggiungano l’Italia, terra di spaghetti, mafia, camorra e affaristi lestofanti.

B.Se rimanessero gli attuali governanti, l’Italia perde i 14.000 miliardi dei precedenti Fondi strutturali e perderà una buona fetta di quelli definiti Agenda 2000- 2006, e, siccome questi Fondi persi dall’Italia andranno a vantaggio di Galles, Irlanda, Spagna; Francia: si spiega il successivo attacco di altre corazzate dell’informazione.

C.Se per “disgrazia” dell’Economist,  Berlusconi vince e va in porto almeno la metà delle infrastrutture da realizzare, l’Italia, risolve diversi problemi in uno: minore disoccupazione per effetto del volano del nuovo lavoro produttivo e degli investimenti esteri, si mette a correre e fa concorrenza seria agli altri Paesi europei ( lo diceva pure l’Uil: dobbiamo far concorrenza alla Germania non alla Romania), si creano altri posti di lavoro e sostanziose possibilità di occupazione nel terziario, nel turismo, nei servizi, nell’artigianato, nell’agricoltura moderna, nell’innovazione produttiva.

Secondo conflitto di interessi colossale: la Pearson, proprietaria dell’Economist e di tante altre testate giornalistiche e televisive, cerca di comperare Mediaset, (e qui oltre al conflitto di interessi siamo nell’aggiotaggio, la Mediaset è quotata in Borsa), con la diffusione di menzogne e false informazioni tese a far scendere il prezzo, sul mercato.

Terzo conflitto di interessi tutto britannico: la mucca pazza ce la siamo dimenticata?

Come mai l’Economist non ne parla più, ha per caso paura che una nuova gestione delle informazioni da Bruxelles in mano alla CdL, vada a scuriosare nei documenti tenuti nascosti, nei finanziamenti del Feoga dove la Gran Bretagna ha fatto man bassa a condizione, s’intende, che tutto venisse controllato, nella forza delle potentissime lobby britanniche, nel servilismo più triste dei nostri eroi di centro – sinistra?

Come mai l’Economist, l’autorevole, il noto a tutto il mondo, il portatore del verbo vero (sono più bravi all’Economist della “antica” Pravda, perché lavorano sotto traccia!!), non ci racconta quali quante “fetenzie” sono state commesse dalle loro lobby?

 

Da ultimo ma non per ultimo, basta leggere le recensioni a pag 101, sempre nel numero incriminato per vedere come il testo Veltri - Travaglio sia la Bibbia, come al contrario sia ridicola la  documentata informazione di Massimo Caprara ne “La Storia dimenticata del PCI” sui veri interessi comunisti nella Strage di Via Rasella del 1944 erano quelli di “far fuori” tre tipi di resistenza romana concorrente con quella del Pci, e cioè quella azionista, quella monarco-liberale, quella trozkista di Bandiera Rossa, perché era sicuro al 110% che i nazisti avrebbero fatto quella tremenda rappresaglia che ha colpito anche cittadini italiani non resistenti, rei solo di essere israeliti.

Tralascio poi il fatto che “disinvoltamente”  si fa “carne di porco” del principio dell’ Habeas corpus,  e si gettano accuse non provate, chiedendo, contro tutte le regole anglosassoni, all’incolpato di giustificarsi,  di portare lui le prove della sua innocenza, secondo le ottime, collaudate tecniche di inquisizione di origine spagnolo- cattolica, cattolico- gesuitico- italiana, fascista e bolscevica.

Tutti sistemi totalitari che i grandi liberali dell’Economist hanno fatto proprie: il meccanismo è talmente perfetto che alto si è levato il coro degli interessati.

L’importante è tenere l’Italia nella confusione aumentando il polverone, e se tante volte vincesse il “Piacione” avere 5 anni di vacche grasse ai danni dell’Italia, dei giovani, degli operai, dei tecnici, delle attività emergenti.

C’è solo da dire: SONO BRAVI ALL’ECONOMIST, ma dal momento che come italiano mi sento offeso, posso solo dire loro che gli epiteti del tipo bastards o animals con cui si gratificano tra tifosi di calcio inglesi, sarebbero assai appropriati se la “superiore” civiltà latina non mi avesse insegnato a non cadere nelle trappole.

Jean Valjean 

 

09/05/2001

Gentile Prof. Pelanda,

Ronald Biggs è tornato a casa e di nuovo in galera, ci finì la prima volta 37 anni fa, ma a differenza di tanti, troppi italiani, solo dopo che furono raccolte prove schiaccianti contro di lui e i suoi “collaboratori”, senza arresti preventivi, su sospetti.

Il processo fu rapido perché la polizia inglese aveva trovato le prove …., non facciamo paragoni, per carità di patria.

Biggs organizzò, 37 anni fa, lui, “vero signore della truffa” come da titolo di film, una rinomata rapina, con contorno di truffa,  il cui controvalore in lirette odierne è di 150 miliardi, arrestato, condannato, riuscì a fuggire e in queste ultime ore, malato è tornato a casa, in galera.

Fin qui la cronaca, di una straordinaria intelligenza e capacità  volte al male, al delinquere.

Perché, non proporgli una consulenza da parte del nostro Governo, per conoscere il “know how” di come si nascondono fatti, documenti, come si falsificano le informazioni, di come si riesce a depistare la polizia? (la prima volta però la polizia di Sua Maestà, lo prese con il sorcio in bocca, come si dice a Roma).

Un genio, la cui utilizzazione potrebbe essere utile per aiutare le forze investigative a capire come si riesce a nascondere i misfatti, di come si riesce a modificare la percezione della realtà e farla franca, organizzando insieme truffa e rapina.

E utile a lui che avrebbe i denari per meglio curarsi anche in carcere.

Eviteremmo due tragedie tutte italiane:

-la prima (pessima e inveterata abitudine nostrana), di mettere gente in galera senza prove, sperando che ”confessi” sotto l’incubo del carcere,

-la seconda, ugualmente seria, impedire il pressapochismo contabile dello Stato, abile nel nascondere (ma neanche troppo bene) buchi di bilancio, errori nelle stime e nelle statistiche, tutti fatti che l’attuale governo lascia in eredità al prossimo, quale che sia il vincitore.

Una consulenza “ autorevole” di Briggs, su come la deformazione dei “numeri” e della realtà poi alla fine non paghi, potrebbe essere utile ai nostri contabili e politici nostrani, che confondono da troppo tempo speranze e auspici, con la realtà economica sottostante.

Conoscere per deliberare, diceva un liberale, Presidente della Repubblica: conoscere bene la truffa e le sue implicazioni, impedirà nel futuro che per faciloneria, “incautamente ed inavvertitamente” si commettano errori “non voluti” di informazione contabile e il dubbio che si voglia truffare il cittadino e le sue finanze.

Nisi caste, tamen caute, recitava un broccardo latino - religioso, attribuito ai peccati della carne, d’accordo, ma utilizzabile bene anche in materia di cifre, a mio modesto parere.

Nella patria dei furbi italici, un insegnamento dall’Inghilterra, oltre quello dell’Autorevole per antonomasia Economist, può tornare vantaggioso.

 

 D’altra parte avete visto tutti come funziona: l’Economist scrive su conflitto di interessi e paradisi fiscali e… zacchete, dal cilindro, escono fuori il conflitto di interessi e i paradisi fiscali della Telecom e Seat, (oltre ai paradisi fiscali di Telecom Serbia, naturalmente).

Domanda cretina cretina: qualche giorno fa la vigilanza di Bankitalia si era scagliata contro offshore, paradisi fiscali e conseguenti sospetti sui “soliti noti” cioè sui promotori finanziari.

Adesso come la mettiamo, cara Bankitalia ( e cara Consob), sospettiamo anche delle banche italiane che fanno parte dell’operazione, del Tesoro che “qualche” quota di Telecom dovrebbe avere, e di tutti coloro che hanno consigliato l’acquisto di titoli Telecom?

Comunque, caro lettore, essere in Europa significa accettare, le regole dei Trattati di Maastricht e Amsterdam, che confermano la legalità europea, dei centri offshore, con o senza banche o filiali lussemburghesi dei suddetti offshore.

 Non sarà forse il caso di rinsavire e, prima di gettare sospetti strani, andare a scuola da Briggs, su che cosa è truffa e che cosa no?

Per la rapina, poi si potrebbe organizzare un successivo Master, sempre diretto da Briggs.

Jean Valjean