22/05/2006

Egregio dottor Carlo Pelanda,

ho letto con attenzione il Suo intervento su "Il Giornale" del 21.5.,2006 "Il referendum, battaglia per la libertà" e ne condivido ampiamente i contenuti. Tuttavia, al di là delle conseguenze sui risultati del "Si" e del "No", che consentirebbero nel primo caso una vittoria ed un progetto della Cdl e nel secondo un successo del Governo appena insediato, non mi pare siano descritte motivazioni convincenti sul perché della devoluzione. Non credo siano sufficienti solo motivazioni di bandiera verso le quali il cittadino potrebbe rimanere più o meno indifferente con conseguenze non auspicabili.
Senza scomodare i numerosi opinionisti del Risorgimento, credo che a questo bisogna risalire per spiegare gli inconvenienti ed i disagi che serpeggiano sempre più insistenti nel nostro Paese.

E’ una realtà questa che trae origini dall’Unità d’Italia, da quando il Piemonte, percorrendo la politica delle annessioni, - l’unità è altra cosa! -  stabilì con Liguria e Sardegna una politica di controllo ed egemonia sulle regioni centromeridionali, alle quali concesse statalismo, assistenzialismo e consociativismo per finalità proprie – vedi la storia della Fiat ad esempio -  contribuendo al loro degrado ed alla loro arretratezza.

Dalla tela del ragno la Lombardia, ed in parte anche il Veneto ne sono state sempre escluse per DNA e storia differenti.

Basta dare uno sguardo ai 60 anni della Repubblica per rendersene conto.

Fra i 10 Presidenti della Repubblica 3 piemontesi, 3 campani, 2 sardi, 2 toscani ed 1 ligure. Nessun lombardo! Mai!

Dei numerosi Presidenti del Consiglio, a parte il primo, Alcide De Gasperi di Trento,3 furono piemontesi, 4 toscani, 3 sardi, 2 campani, 2 emiliani, 2 laziali, 2 marchigiani, 1 pugliese (Aldo Moro), 1 della Basilicata (Emilio Colombo), 1 siciliano. Dei due unici lombardi, il primo, Bettino Craxi fu costretto all’esilio da Mani Pulite, da quei magistrati che stranamente non furono altrettanto giustizialisti con il governo Leone (scandalo Lockhed) o con certe amministrazioni campane tuttora operanti. Il secondo, Silvio Berlusconi è stato investito da odio ed intolleranza senza precedenti, perché aveva configurato con la sua operosità ed il suo pragmatismo un’Italia diversa

Ma procediamo con ordine.

La storia della Presidenza della Camera, a parte la breve parentesi della lombarda Pivetti, è stata scritta da 2 emiliani, da un laziale (P.Ingrao), da un campano (G. Napolitano) e da Violante, nato in Etiopia. E’ vero, da pochi giorni c’è Bertinotti, un milanese, ma è vissuto e si è plasmato per anni nel sindacato torinese!

Per i Presidenti del Senato il discorso cambia poco: gli emiliani, i toscani, i campani sono prevalenti.

Ma ciò che più stupisce, o non ha mai stupito,  è che dei 28 Giudici della Corte Costituzionale, nominati dal Parlamento dal 1956, ben 5 sono napoletani, 3 di Catanzaro, 3 di Roma, 2 di Torino, 2 di Taranto, 2 di Perugia, 2 della Sicilia, 1 per altre città, tutte del centro-sud. Come avrebbero potuto questi alti magistrati farsi interpreti della politica di questo centro-destra fuori regola?

Alla luce di tali dati, appare evidente che dopo la parentesi di un Governo lombardo, il potere, a conduzione della "repubblica sabauda" - doveva ritornare nelle mani del centro-sud attraverso quella sinistra statalista, che più efficacemente rappresenta gli interessi individuali dell’Italia peninsulare, e perché quindi il berlusconismo non poteva essere tollerato oltre, a qualsiasi costo.

La distinzione geopolitica fra Italia continentale ed Italia peninsulare è sempre esistita, ma le storiche “esigenze” l’hanno resa manifesta con il bipolarismo.  Non c'è da stupirsi quindi se nuovamente due dicasteri importanti siano stati affidati ad Amato ed alla Turco, piemontesi.

Se così non fosse, dai dati citati non si spiegherebbe perché una Regione quale la Lombardia, la più grande per pil pro capite e per densità di popolazione, sia stata sempre esclusa dalla gestione della res pubblica, quasi emarginata nella sua efficace produttività. Casualità? Incapacità? E’ da escludere. Dissenso della Repubblica di Piemonte e Sardegna e dei loro sudditi? E’ probabile.

La Lega e FI in particolare avevano ben recepito questa realtà promuovendo la riforma costituzionale di un federalismo vero, - del quale Miglio fu il grande ideologo - allo scopo di favorire nell’autodeterminazione regionale una nuova dignità ed un vero sviluppo sociale, culturale ed economico nazionale.

Andrebbe detto a chiare lettere che la politica delle noccioline con la distribuzione di assistenzialismo, di dicasteri, di segretari, di sottosegretari e quant'altro è da sempre deleterio per lo sviluppo del Mezzogiorno, bisognoso di integralismo socio-culturale, realizzabile non con i flussi migratori continui dal sud verso il nord ma con investimenti produttivi, formativi ed educativi in quelle regioni.

Se un errore, forse inevitabile per perseguire il consenso almeno iniziale, è stato fatto da Bossi, è stato quello di ridurre  questo grande progetto, che avrebbe dovuto coinvolgere l’intero Paese, ad una politica provinciale e separatista di corto respiro con la conseguenza di non unire e progredire insieme nel federalismo, ma di dividere per interessi particolari. E ciò non poteva non creare diffidenze nelle regioni dell'Italia peninsulare. Sarebbe una sciagura se all'antipiemontesismo post 1861 succedesse ora l'antilombardismo!

E' tardi. Ma un'operazione culturale di convincimento va attuata comunque per raggiungere un risultato positivo. Proprio perché la devolution appare in antitesi con l’assistenzialismo …sinistro, con il posto a tempo indeterminato nelle poste, nelle scuole, nelle ferrovie, ecc. ecc.,  -- da sempre perseguito e diffuso dalla borghesia piemontese e dai suoi sindacati - il compito sarà molto arduo e c’è da temere che i risultati del referendum del 25 – 26 giugno saranno in sintonia con quelli delle elezioni politiche recenti, con conseguenze a distanza imprevedibili, perché tutta l’Italia esige presto un vero Risorgimento - attraverso la rottura con la storia -  non più rinviabile.e non certo riconoscibile in un eventuale separatismo lombardo-veneto:

 

La ringrazio per l'attenzione. Cordiali saluti.

 

Beppe Ciccone - Lodi