17/07/2002

FYI (For your information) una versione ridotta di questo pezzo è stato
 pubblicato da Libero, domenica 14 luglio, pg. 8.

 Cronaca di un'americana al Congresso Radicale

 Sono un'americana che vive da tanti anni in Italia.  Pur non condividendo
 tutte le idee che i Radicali promuovono, ho deciso di partecipare al loro
 Congresso a Roma la settimana scorsa per tanti motivi di cui due
 sono:  Perché sono diventata un'assiduissima ascoltatrice di Radio
Radicale e non saprei più vivere senza Massimo Bordin e la sua Stampa e Regime
tutte le mattine (per non parlare delle rubriche di Luigi De Marchi e Iuri Maria
 Prado o del archivio di registrazioni di conferenze e sedute istituzionali
 disponibile sul loro sito) e perché il tema principale di questo Congresso
 avrebbe dovuto essere "Le riforme americana, delle istituzioni,
 dell'economia e della giustizia."  Dico "avrebbe dovuto essere" perché di
 fatto di questo tema naturalmente non se ne è parlato se non di striscio o
 di sfuggita.  Dico poi "naturalmente" perché a ragion veduta, mi accorgo
 che era la mia ignoranza ed ingenuità a dettare la mia aspettativa che si
 sarebbe parlato in modo esauriente di questo tema.

 Invece il Congresso è stato sequestrato dai digiuni di Pannella, dalla
 preoccupazione per lo stato della sua salute, e dai puntualissimi
 bollettini medici in cui ogni dato di analisi corporea veniva comincato ai
 congressisti insieme alla previsione della sua morte imminente.

 Io non condivido quest'ultima causa di Pannella.  Trovo assurdo e inutile
 lo sforzo che sta facendo.  All'Italia non serve un Marco, morto,
 moribondo, o in ospedale.  Con la sua Satyagraha, lui vorebbe imporre il
 rispetto della legalità.  Il problema è che il rispetto non è una cosa che
 si possa imporre, è qualcosa che va guadagnato.  L'ultimo suo sciopero
 della sete, ha riportato la legalità alla Consulta con, però, un risultato
 però ben diverso da quello che almeno io auspicavo.  Non credo che
 succederebbe diversamente con i mancati seggi alla Camera.  Anzi, se
 rischiamo di pagare 13 stipendi a persone che non corrispondono alla
 volontà del popolo, dico:  "Lasciamo perdere.  Viva, per il momento,
 l'illegalità.  È una causa, un'istituzione che non merita il suo
 sacrificio.  Piuttosto, che si facciano appunto sul serio le riforme che
la renderanno degna."

 Otre ad essere una giornalista americana, insegno diritto ed economia in
un liceo europeo a Torino.  In occasione dell'ultimo digiuno di Pannella ho
 dedicato due lezioni al fatto che due istituzioni italiane erano in uno
 stato di illegalità.  Ho incominciato la lezione con le domande:  Chi è
 Pannella?  Chi sono i Radicali?  Che ruolo hanno avuto i Radicali in
 Italia?  Perché Pannella sta facendo lo sciopero della fame e della
 sete?  Fra i miei 220 studenti solo uno, la figlia di un Radicale sapeva
 rispondere all'ultima domanda.  Per tutti gli altri Pannella era un pazzo
 che faceva sempre scioperi per non si sa quale motivo.  Io gli ho spiegato
 il motivo.  Ma dato che avevamo già fatto delle lezioni comparative sui
 sistemi governativi ed elettorali italiani, americani, francesi e
 britannici, non sono rimasti molto convinti che proprio le istituzioni
 italiane meritassero un tale sacrificio.  E francamente io non ho nessuna
 voglia di tornare a scuola a settembre a fare una lezione basata su un
 triste epilogo.

 Pannella ci sta proprio rompendo con questo concetto di sacrosanta
 legalità.  Non vorrei fare troppo l'americana o scendere a discorsi che
 potrebbero sembrare banali, ma visto che lui tiene tanto alla legalità,
 parliamo di legalità.  A questo congresso fumavano tutti come dei
 Turchi.  Se non mi sbaglio anche in Italia adesso è illegale fumare nei
 posti pubblici.  E perché nessuno dice niente?  Perché non fa comodo visto
 che tanti fumano?  Allora anche i Radicali attaccano l'asino dove
 vogliono.  Si dirà che sto mettendo a confronto una leggiucola con la
 costituzione.  Bene.  Ma è proprio dalle cose piccole che si costruiscono
 il rispetto e l'educazione civile.  Quando i bambini e ragazzi italiani
 vedono i loro genitori passare col semaforo rosso e fumare dov'è vietato,
 neanche un'insegnante americana cocciuta riesce a disfare il danno.

 Però mi sono resa conto che forse anche senza quest'ultima crociata
 difficilmente si sarebbe parlato in modo serio di riforme
 all'americana.  In tanto il Partito Radicale non è un partito, ma un culto
 con una capacità calamitica di attrarre ogni eccentricità di questo
 mondo.  Non avevo mai visto una concentrazione così alta di pazzi
timbrati, tesserati, autenticissimi, simpatici e anche lucidi.  La democrazia nel
 Partito Radicale consiste nel fatto che chiunque può prendere il microfono
 ed esprimersi su quel che gli pare.  (Anzi, vorrei raccomandare i signori
 ai vertici della Rai di prestare attenzione al modo in cui Rita Bernardini
 gestisce il tempo d'ogni intervento e pretende che le chiacchiere si
 svolgano fuori dall'aula, che la considerino magari come sostituta di
 Santoro!)  Ho sentito ogni genere di teoria di cospirazione, complesso
 persecutorio, e una moltitudine di ossessioni monotematiche.

 A volte a guardare quel podio lunghissimo mi veniva la visione del
L'ultima Cena di Leonardo.  Questi discepoli radunati in una maratona oratoria in
 attesa dell'Ultima Bevuta Urinaria.  I Radicali devono darsi corpo ed
anima alla politica.  Non c'è spazio per le cose quotidiane.  Il Congresso va
 avanti dalla mattina alla notte pressoché senza interruzione.  Si
dimentica che ci sia qualcosa al di fuori della lotta politica.  In oblio cadono i
 bisogni fisici, le funzioni biologiche, gli amori, i desideri, persino
 l'ordine del giorno.  Dopo tre giorni di commissioni e dibattiti, e non di
 fiumi ma oceani di parole, alle unidici e mezza di sera si è deciso di
fare un po' di business:  votare lo statuto ed emendamenti allo stesso.  È
 scoppiato un putiferio quando ci si è accorti che c'era una clausola
 nell'uno che era in contraddizione con una clausola nell'altro, e quindi
 che si annullavano a vicenda!  Mah! L'importante è che si è parlato molto.

 Ma nonostante la libertà di parola, Marco Pannella non è un democratico, è
 un despota, un guru, un padre padrone col complesso della mamma italiana
 che fa di tutto per non permettere ai suoi piccini di volare con le
proprie ali.  Solo che lì c'è un covo di aquile, belli e brillanti, ai quali il
 nido sta stretto.

 Al Congresso è nei corridoi che si scopre che non ci sono solo i Yes Men,
 che si respira aria di conflittualità, che si conoscono i sani animali
 politici che vorrebbero governare e non solo parlare.  Ma il Partito
 Radicale è una scuola ed un laboratorio di oratoria.  Con Marco non si
 governerà mai.  Ha avuto più occasioni e le ha rifiutate.  Se le avesse
 accettate avrebbe potuto usare i suoi 20-30 deputati in parlamento per
 risolvere il problema dei seggi vacanti, se proprio ci teneva tanto.  Ma
 lui non vuole operare da dentro il sistema.  Come Arafat ha sempre usato
 qualunque pretesto per non formare uno stato palestinese, Pannella ha
 trovato qualsiasi scusa per non collaborare per governare.  Evidentemente
 non sono ruoli che gli competano; preferiscono agire da outsiders.  (Ben
 inteso che il paragone fra i due si limita a questo rifiuto ed in nessuno
 modo riguarda il loro modus operandi o la sostanza delle loro cause.)   Il
 problema per i Radicali che vorrebbero fare e non solo dire è che:  I
 Radicali con Pannella: non fanno; Ma i Radicali senza Pannella: non sono.


Sandra Giovanna Giacomazzi