29/07/2001

 Ho letto il suo articolo sul Giornale (al quale sono abbonato) del 27
luglio.
 Desidero in primo luogo manifestarle che concordo sulla necessita' di
 liberalizzare gli atenei e che una strada percorribile, forse l'unica allo
 stato atuale,  e' quella dell'abolizione del valore legale della laurea e
 di conseguenza degli attuali tipi di concorsi per accedere alla cattedra.
 Il problema di fondo in tutti i cambiamenti riguarda le persone che
 dovranno operarli: in matematica si dice che cambiando l'ordine dei
fattori il prodotto non cambia.

 Tuttavia occorre anche ricordare che l'universita' non e' una scuola
 superiore depositaria di un sapere acquisito da altri in altri tempi, ma
 dovrebbe disporre di persone che concorrono a formare o comunque sono a
 conoscenza del sapere attuale.

 Vorrei, pertanto, commentare il suo articolo, passando da un elemento che
 spesso viene dato per assimilato agli stessi atenei: l'attivita' di
ricerca.

 Un minimo di esperienza professionale (la ricerca scientifica e'
 un'attivita' professionale) credo ormai di averla:  ho trascorso diversi
 anni in concedo dalla mia posizione di ruolo nellINFN (Istituto Nazionale
 di Fisica Nucleare) fuori dall'Italia alle dipendenze, in tempi
successivi, di due grandi organismi ed in seguito, verso la meta' degli anni 80, ho
 preso la decisione di ritornare in questo paese.

 L'attivita' di ricerca, sicuramente in alcuni campi scientifici anche se
 forse non generalizzabile a  tutti settori della ricerca,  richiede una
 seria dedizione professionale in termini di tempo. Da qui nasce la
 necessita' di organismi ed enti dedicati alla ricerca scientifica.
 Negli altri paesi altamente industrializzati del mondo occidentale sono
 stati creati questi enti, come del resto in Italia. Le grandi imprese
 scientifiche sono possibili grazie a questi enti i quali hanno una vita
 propria ed indipendente dalle universita'.
 L'attivita' di base della ricerca scientifica presuppone un'attivita' la
 cui estensione potrebbe non coniugarsi con i compiti didattici assegnati
ai docenti di una universita'.

 Il problema italiano non e' quindi solo ed esclusivamente il problema
delle universita', ma il complesso universita'-enti di ricerca-ricerca
 applicativa ed  industriale.
 Oltre ai problemi derivanti dal modo attuale, spesso baronale e con
 elementi di nepotismo, imperante negli atenei occorre aggiungere che gli
 enti di ricerca sono spesso colonizzati dagli stessi attori che dominano
il sistema universitario.
 La mancanza quindi di una base competiva tra atenei entra nel quadro piu'
 generale della mancanza di competitivita' con gli enti di ricerca e direi
 fra enti ed istituzioni di ricerca pubbliche e private.

 Non vorrei andare oltre su questo tema in questo scritto che vuole solo
 essere un commento al suo articolo.

 cordiali saluti
 Pier Giorgio Rancoita