|  Ho letto il suo articolo sul Giornale (al quale sono
          abbonato) del 27luglio.
 Desidero in primo luogo manifestarle che concordo sulla
          necessita' di
 liberalizzare gli atenei e che una strada percorribile, forse
          l'unica allo
 stato atuale,  e' quella dell'abolizione del valore legale
          della laurea e
 di conseguenza degli attuali tipi di concorsi per accedere alla
          cattedra.
 Il problema di fondo in tutti i cambiamenti riguarda le persone
          che
 dovranno operarli: in matematica si dice che cambiando l'ordine
          dei
 fattori il prodotto non cambia.
 
 Tuttavia occorre anche ricordare che l'universita' non e' una
          scuola
 superiore depositaria di un sapere acquisito da altri in altri
          tempi, ma
 dovrebbe disporre di persone che concorrono a formare o comunque
          sono a
 conoscenza del sapere attuale.
 
 Vorrei, pertanto, commentare il suo articolo, passando da un
          elemento che
 spesso viene dato per assimilato agli stessi atenei: l'attivita'
          di
 ricerca.
 
 Un minimo di esperienza professionale (la ricerca scientifica e'
 un'attivita' professionale) credo ormai di averla:  ho
          trascorso diversi
 anni in concedo dalla mia posizione di ruolo nellINFN (Istituto
          Nazionale
 di Fisica Nucleare) fuori dall'Italia alle dipendenze, in tempi
 successivi, di due grandi organismi ed in seguito, verso la meta'
          degli anni 80, ho
 preso la decisione di ritornare in questo paese.
 
 L'attivita' di ricerca, sicuramente in alcuni campi scientifici
          anche se
 forse non generalizzabile a  tutti settori della ricerca, 
          richiede una
 seria dedizione professionale in termini di tempo. Da qui nasce
          la
 necessita' di organismi ed enti dedicati alla ricerca
          scientifica.
 Negli altri paesi altamente industrializzati del mondo
          occidentale sono
 stati creati questi enti, come del resto in Italia. Le grandi
          imprese
 scientifiche sono possibili grazie a questi enti i quali hanno
          una vita
 propria ed indipendente dalle universita'.
 L'attivita' di base della ricerca scientifica presuppone un'attivita'
          la
 cui estensione potrebbe non coniugarsi con i compiti didattici
          assegnati
 ai docenti di una universita'.
 
 Il problema italiano non e' quindi solo ed esclusivamente il
          problema
 delle universita', ma il complesso universita'-enti di ricerca-ricerca
 applicativa ed  industriale.
 Oltre ai problemi derivanti dal modo attuale, spesso baronale e
          con
 elementi di nepotismo, imperante negli atenei occorre aggiungere
          che gli
 enti di ricerca sono spesso colonizzati dagli stessi attori che
          dominano
 il sistema universitario.
 La mancanza quindi di una base competiva tra atenei entra nel
          quadro piu'
 generale della mancanza di competitivita' con gli enti di
          ricerca e direi
 fra enti ed istituzioni di ricerca pubbliche e private.
 
 Non vorrei andare oltre su questo tema in questo scritto che
          vuole solo
 essere un commento al suo articolo.
 
 cordiali saluti
 Pier Giorgio Rancoita
 
 
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