Eg. Prof. Pelanda
Che cos'è la globalizzazione se non il progetto (l'utopia?) di un
mondo
riunificato in un mercato globale aperto a tutti, dove anche i
popoli più
poveri possano trovare un'opportunità?
Quali altre speranze di progresso possono avere i paesi
sottosviluppati se
non quella di un mercato ricettivo per le loro merci e
coinvolgente per la
loro mano d'opera?
Ed infatti, che lo si voglia o no, la globalizzazione è partita
e sta
accelerando rapidamente, senza che nessuno dall'occidente la
spinga. Ci
pensano infatti i paesi in via di sviluppo a premere per avere
lavoro ed a
penetrare sempre più i mercati ricchi in forza dei loro bassi
costi.
In questo, in fondo, c'è qualcosa di profondamente giusto e
morale.
Questo processo di per sé inarrestabile evidenzia due fatti
importanti. Il
primo è la differente velocità con cui i diversi paesi
approfittano delle
opportunità ( pensiamo alla rapidità dei paesi del sud-est
asiatico in
confronto alla fatale immobilità dei paesi africani) , il
secondo è la
constatazione che la "driving force" di tutto il
processo sono le risorse
economiche dei paesi ricchi.
Ambedue questi aspetti devono essere governati : sarebbe una
catastrofe
mondiale drenare eccessive risorse dai paesi occidentali , e
sarebbe
catastrofico anche lasciare i popoli africani nella loro
situazione di
non-sopravvivenza ( pensiamo anche solo ai problemi
dell'emigrazione).
Le riunioni dei G-8 dovrebbero proprio servire a questo. Mi
sembra sciocco
anche solo pensare che i governanti del mondo si riuniscano
sotto gli
occhi di tutti per tramare ai danni dei più poveri.
Se le cose stanno così, e mi sembra che in soldoni stiano così
, mi
aspetterei che a contestare fossero i protezionisti , coloro che
vogliono
mantenere posizioni di privilegio e di forza , non coloro che si
richiamano ad ideologie ( in teoria ) egualitarie.
C'è un terzo aspetto da prendere in considerazione che è
il "
sottosviluppo di ritorno". Quei mondi che hanno alle spalle
una storia di
grande potenza, ma che non hanno un mercato né tecnologie da
spendere nel
processo di globalizzazione , rischiano di essere superate
e di
ritrovarsi in tempi non lunghissimi in situazione di sottosviluppo.
Questo è un
rischio gravissimo : stiamo parlando di centinaia di milioni di
persone
abbondantemente dotate di potenza militare. Mi sembra evidente
che sia un
rischio da non correre assolutamente , da controllare da vicino.
Se questi sono alcuni , non tutti ma alcuni , termini della
questione , mi
spieghino i signori contestatori che senso ha scendere in piazza
coi loro
slogan.
Ci hanno mai pensato?
Quello che io non credo è che una contestazione così
genericamente
frustrata, una contestazione che cerca una qualche motivazione
esistenziale nello sfasciare vetrine possa organizzarsi in modo così
globale e
coordinato. Allora comincio a chiedermi a chi giova tutto ciò?
Non lo so , ma mi sentirei di dire a chi si sta preparando a
sfasciare
vetrine : sieta sicuri di non essere " Strumenti
ciechi d'occhiuta
rapina"? di non essere strumenti ciechi nelle mani di
chi ci vede bene?
Anche nel sessantotto molti credevano di contestare in proprio ed
invece
lo facevano per conto terzi.
Intanto qualcuno sfrutta l'onda e surfeggia allegramente sulle
teste delle
tute bianche, come i massmediologi , gli intellettuali in cerca
di
visibilità , i religiosi in cerca di un qualche Signore meno
trascendente
e più marxleninista , i Bertinotti e le Francescato , ma questo è
piccolo
cabotaggio di parrocchia.
Vedremo la sinistra vera cosa farà. L'aspettiamo.
Cordialità .
G. Pinciroli
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