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 Leggo la lunga e particolareggiata lettera della Signora Stefania Blosi di Genova e, pur comprendendo i sentimenti ed i risentimenti di chi ha vissuto sulla propria pelle i giorni terribili della guerriglia, non riesco a comprenderne l'atteggiamento e tento di risponderle. 
            La sua bellissima città è stata
            devastata e lei se la prende con il Governo e le Forze dell'Ordine
            colpevoli, a suo dire di avere, gli uni, male organizzato le difese
            in ispregio della salute e dell'incolumità dei cittadini, gli
            altri, di essersela presa ferocemente soltanto con i manifestanti
            "pacifici" (?) per manifesta incapacità e codardia.
           
            Ma, cara Signora, se Polizia e
            Carabinieri si sono limitati ad infierire sugli inermi,
            evidentemente, o poi si sono pestati a sangue da soli, tanto da
            finire in buon numero in ospedale, oppure gli inermi non erano poi
            tanto indifesi e pacifici. Io a Genova non c'ero, per carità, ma
            quello che ho visto in TV non mi ha incoraggiata a credere nella
            tanto sbandierata teoria dei "buoni e cattivi": ho visto
            un gran macello nel quale erano coinvolti un po' tutti e dove la
            caccia al poliziotto pareva lo sport più in voga. Ho visto gente
            armata fino ai denti vestita in tutti i modi (non solo in divisa da
            Black-Block) compiere gesta da far vergognare terroristi
            professionisti. Ho visto cortei di "pacifici contestatori"
            aprirsi per dare ricetto ai vandali assassini. Ho visto le colombe
            tentare con ogni violenza di impedire l'accesso delle forze
            dell'ordine nella scuola da loro occupata ed ho visto gli agenti
            uscire insanguinati mostrando il frutto del blitz: decine e decine
            di armi letali. Ho visto un branco che tentava di ASSASSINARE dei
            Carabinieri e ho visto un Carabiniere che non aveva voglia di
            morire ed ha reagito e, mi creda, non me la sento proprio di
            continuare a chiamare "povero ragazzo" chi è stato
            fermato solo un attimo prima di compiere un orrendo crimine. Mi
            chiedo se le lacrime di coccodrillo che vengono sparse in lungo e in
            largo oggi avrebbero inondato ugualmente il paese se il Milite
            avesse preso quell'estintore in faccia e fosse morto in nome
            dell'antiglobalizzazione. Anzi, non me lo chiedo perché conosco la
            risposta: a chi importa di un servo dello Stato a due milioni il
            mese di stipendio, ciò che importa è salvaguardare il diritto dei
            figli di papà a sfogare i loro perversi istinti, le loro
            frustrazioni e il loro odio, perchè poi i cialtroni di tutta l'Italia
            possano bearsi del vuoto morale e mentale dei loro magniloquenti
            discorsi nella speranza di un momento di notorietà.
           
            Abbia pazienza, pur condividendo la sua
            legittima rabbia per la terribile sorte occorsa alla sua città, non
            me la sento di seguirla nel suo ragionamento. Genova è stata ferita
            a morte da tutto il movimento antiglobalizzazione, non dalle forze
            dell'ordine o da Berlusconi; i responsabili di ciò che è successo
            sono coloro che predicano violenza e istigano a delinquere
            nascondendosi vigliaccamente ed ipocritamente dietro il paravento di
            false e becere istanze pacifiste; chiediamo a loro conto di quanto
            è successo, non a chi, bene o male, ha tentato di impedirlo.
           
            I limoni appesi al filo, poi, mi
            sembrano proprio una gran bischerata.
           
            Accetti, la prego, i miei più sinceri e
            fervidi auguri perchè la sua città possa presto tornare alla
            normalità.
           
            Simona Moretti
           
            Siena 
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