10/06/2001

Egregio Professor C.A. Pelanda
 Leggo oggi la lettera del signor Jean Valjean sull'articolo dell'Avanti
 circa l'Uso politico della storia.
 Qualche giorno fa ho letto un interessante articolo su Il Giornale sull'
 Importanza della Parola.
 Sono contento di veder circolare questi concetti : significa che stiamo
 forse uscendo da un periodo di oscurantismo storico , nel quale vigeva la
 teoria della "Storia come interpretazione ".
 Secondo questo modo di pensare , chiunque parli di storia non dice delle
 verità, ma ne enuncia una propria interpretazione, essendo possibile NON
 la VERITA'  ma la competizione tra tante piccole verità.
 Evidentemente ciò è molto comodo per chi vuole propagare la propria idea
 rafforzandola con interpretazioni di comodo del passato.
 Ma perchè tirare in ballo insieme anche l'importanza della parola? Ebbene,
 di pari passo alla crescita della teoria della storia come interpretazione
 abbiamo assistito nel linguaggio pubblico allo smembramento ed alla
 sconfitta del contenuto ed al trionfo della parola svincolata dal
 significato, alla magnificazione dello slogan purchè suoni bene, quasi che
 il solo fatto che un discorso avesse un senso grammaticale e sintattico
 compiuto fosse la prova della fondatezza delle idee espresse. Anche qui il
 "contenuto come interpretazione" .
 In queste condizioni è chiaro che qualunque fatto può facilmente essere
 rivoltato secondo la comodità dell'enunciante.
 Sarebbe il caso di mettere in chiaro che:
 Primo- la Storia è la scienza dei fatti, ove lo spazio per
 l'interpretazione è minimo. Tutto ciò che non è basato su date, documenti
 ed accadimenti veri      non è Storia, ma opinione personale.
 Secondo- La parola è lo strumento con cui si descrive un concetto e si
 enuncia un pensiero. E' la fondatezza nei fatti del contenuto che dà senso
 al   discorso non la precisione formale. Il funambolismo retorico , messo
 al servizio della "interpretazione " faziosa e propagandistica è
 l'aspetto per così dire "tecnico" dell'uso della storia.
 Ora ci troviamo immersi in un grande mare di "interpretazioni" e di
 retorica , (possiamo chiamarle Propaganda?). Esistono persone talmente
 prese in questo gioco da riuscire a raccontarsi da se stessi una storia
 fasulla credendoci.
 Solo partendo dalla conoscenza nuda e cruda dei fatti e dei documenti,
 dalla esperienza che ne deriva e dalla superiorità dei contenuti sulla
 retorica e sullo slogan possiamo ricostruire coscienza e consapevolezza,
 derivandone di conseguenza i nostri comportamenti.
 Lo storico davvero dotato di onestà intellettuale oggi nel nostro Paese ha
 davanti a sé un duro e grande lavoro.
 Vedrà bene il  signor Jean Valjean , che sono in gran parte del suo stesso
 avviso. Però , in quanto scienza, la storia non ha bisogno di essere
 condivisa ma di essere provata e vera. L'America è stata scoperta proprio
 nell'anno della scoperta dell'America , non nell'anno condiviso dalla
 maggioranza degli intellettuali.
 Quanto a questi ultimi sono da comprendere come oppiacei: nella maggior
 parte dei casi tengono famiglia. E' interessante però notare che il tasso
 di scientificità dell'opera degli intellettuali che si occupano di storia
è direttamente proporzionale all'onestà storica di chi detiene il potere
 politico.

 Cordialità - G. Pinciroli