02/06/2001

IL PUNTO per gli amici   MA QUALE BUCO…..      n°19  31 maggio 2001

“Ma quale buco!” dice Monorchio, giocando sulle parole. Alla sera del 5 giugno parlerà al Rotary Roma e preciserà il suo pensiero. In attesa ricordiamo che nei bilanci non esistono “buchi”. L’entrata pareggia sempre la spesa, perché la differenza è colmata dall’indebitamento. La verità è che – come ha detto Fazio – il miglioramento dei conti pubblici si è arrestato nell’anno 2000. Il fabbisogno della pubblica amministrazione è salito tra il 1999 ed i 2000 da 47,5 bilioni a 72,7 a seguito degli sgravi della finanziaria 2000 e quelli prelettorali per 13,1 sborsati attorno al Natale. Il peggioramento si è verificato, nonostante 1) la spesa per il personale sia stata rallentata dal ritardo nel rinnovo dei contratti dei dipendenti pubblici  e 2)quella previdenziale abbia beneficiato dell’innalzamento di un anno  dell’età di pensionamento, 3)i rialzi di borsa abbiano gonfiato le entrate del l’imposta sui capital gains maturati anche se non realizzati (Marzano eliminerà questo obbrobrio)  e 4)l’aumento dei prezzi dei prodotti petroliferi abbia gonfiato il gettito dell’IVA. Il peggioramento dei conti pubblici si è protratto nei primi cinque mesi del 2001 come sarà segnalato dal comunicato del Tesoro ed ha raggiunto un livello vicino al fabbisogno previsto per l’intero anno. La situazione peggiorerà ancora per l’espansione della spesa sanitaria e di quella dei contratti dei dipendenti in corso di definizione, nonchè per minori entrate legate al peggioramento del ciclo congiunturale ed alle flessioni dei corsi di borsa. 

Cosa fare? Con buona pace di Berlusconi e dei suoi aiutanti  il nuovo governo dovrà rassegnarsi all’accusa di non mantenere le promesse elettorali, ciò anche se Brunetta e Baldassarri già dichiarano che non sarà necessario ricorrere a “manovre” fiscali. La prospettiva è tanto più grave in quanto le promesse si basavano in gran parte sulla ripresa produttiva scatenata da sgravi fiscali oggi sconsigliati a tutti. Tutt’al più si potrà giostrare su tagli di imposte da riscuotere solo nel 2003 (come l’IRPEG sugli utili del 2002) e su aumenti per decreto dell’età di pensionamento (ma forse mancherà il coraggio). Fazio dice a chiare lettere: “La riduzione del carico fiscale programmata per quest’anno e per i successivi non trova corrispondenza nell’evoluzione della spesa in relazione al prodotto interno. Sono quindi indispensabili provvedimenti volti a frenare….. l’espansione dei pagamenti correnti.”. Facile a dire, difficile a fare! Fazio consiglia di indurre le regioni a tagli  di spese sanitarie (verifica sistematica dei costi e dell’organizzazione del sistema) e aumento dell’efficienza (ridefinizione del diritto di accesso e maggior ricorso alla sanità privata).

 Ritorno al centralismo? Sarà forse necessario per le regioni più inefficienti, con buona pace dell’on. Bossi e di Tremonti. Per le pensioni, Fazio afferma “E’ necessario intervenire prontamente per conseguire un graduale innalzamento dell’età media con libertà di scelta ai lavoratori, con correlati costi e premi. Paci, presidente dell’INPS ha approvato rumorosamente, ma Cofferati ha già espresso in cantonese il suo fatidico “pu”. A parte generici appelli all’efficienza ed all’efficacia del settore pubblico che meno contribuisce alla competitività dell’economia, Fazio non ha dato altri consigli per il contenimento della spesa corrente. Toccherà a Tremonti fare scelte delicate ed urgenti. Lo conosciamo molto determinato. Auguriamoci che riesca un giorno ad introdurre nella pubblica amministrazione l’istituto della “mobilità interna (destinazione in locelità meno ambite)  ed esterna (licenziamento)  per scarso rendimento ed impegno al lavoro”. Verrà impiccato in effigie, come capitò al napoletano Prof. Epicarmo Corbino, ma sarà benemerito della Patria. 

                            Livio Magnani

  

 
07/06/2001

              IL PUNTO per gli amici PIU SI TARDA E PIU SI PERDE n°20 7giu01

            Tra le tante gatte da pelare che Amato lascerà a Berlusconi, toccherà a Marzano (attività produttive e commercio estero) di  prendere subito  per le corna il problema:  della competitività calante  dell’azienda Italia. Più si tarda e più si perde. Secondo la Banca d’Italia, nel 2000 l’indice di competitività globale all’import-export è migliorato in Germania del 7,1%, in Francia del 3,8%, in Italia del 3,3% ed in Spagna del 2,8%.   Nel 2000 le nostre esportazioni di beni hanno subito un boom (+9,7%), ma solo nei mercati extra-UE (+16.1% a causa della maggior domanda di USA, Russia, OPEC e Cina) contro +6% nell’UE dove non ha giocato la svalutazione dell’euro. La ripresa, peraltro, è stata inferiore a quella degli altri paesi (compresi i servizi +10.2% contro 13,2% della Germania, 12,6% della Francia e +10,8% della Spagna) e si è concentrata nella seconda metà dell’anno in coincidenza con la decelerazione della nostra produzione. Ne consegue - l’osservazione è di chi scrive - che in Italia le vendite all’esportazione in Europa sono considerate alternative alla domanda interna perché meno redditizie e funzione dell’alleggerimento di scorte, talchè l’espansione del reddito disponibile delle famiglie e dei consumi tende a rallentarle. L’esportazione ha  ristagnato in particolare sul mercato tedesco che assorbe quasi il 30% della nostra esportazione nell’UE, dato che nel 2000 le  importazioni della Garmania  dai paesi UE sono aumentate del 14% in quantità e dall’Italia dell’1,6%. Ciò è accaduto anche per l’aumento delle esportazioni cinesi e dell’Europa dell’Est . Nell’ultimo decennio.le nostre tradizionali vendite in Germania di prodotti tessili, abbigliamento, calzature ecc. si sono dimezzate.

           L’importazione italiana di beni nel 2000 è aumentata dell’8,7% in quantità (5.9% nel 1999), meno di quella di Francia (16,1%), Germania (11.1%) e Spagna (10,4%) causa anche la minore esportazione. Il maggior sviluppo è stato per gli acquisti di elaboratori per informatica negli USA (in termini di capacità produttiva ancor più che in valore) ed in Cina di tessili, cuoi ecc. e per la reimportazione di semilavorati dai paesi ex-sovietici dove le nostre imprese hanno delocalizzato parte dell’attività produttiva, anziché andare al Mezzogiorno - diciamo noi - dove la mano d’opera è ben più cara, nonostante il lavoro sommerso.

             Riflettiamo su queste evoluzioni e, sin d’ora ammettiamo che dobbiamo modificare in via prioritaria la nostra legislazione fiscale e la regolamentazione del lavoro nell’obiettivo di una maggiore competitività, il tutto in un disegno coerente che spetta a Marzano tracciare al più presto, senza troppe e defatiganti consultazioni con le parti sociali e senza raccoglierne i veti. Anche gli investitimeni diretti dell’estero in Italia ne trarranno beneficio, perchè anch’essi sono oggi allontanati da un ambiente di regole e comportamenti sfavorevoli alla competizione mondiale. L’euro non può continuare a svalutarsi per i nostri comodi.

                                                      Livio Magnani