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 Caro
          professore, le
          recenti elezioni pienamente democratiche per la prima volta veramente
          nel Medio Oriente mussulmano (anche Lauro comprava come Hamas i voti
          con forme di clientelismo meno serie dell’assistenza caritatevole di
          Hamas ai suoi ‘clientes’) mi offrono l’occasione di segnalarLe
          che, contrariamente alla generalità delle reazioni che ho sinora
          potuto leggere anche sulla stampa più ‘intellettualmente
          qualificata’, mi sembra di vedere un prevalere di segni positivi dal
          fatto che Hamas abbia raccolto la maggioranza assoluta dei seggi al
          primo parlamento palestinese globalmente riconosciuto come
          democraticamente eletto. Intanto
          mi sembra doveroso dichiarare che la mia posizione è quella di un
          totale sostegno alla crescita della liberal-democrazia ovunque e
          d’una lotta spietata a tutte le forme di terrorismo senza concedere
          alcuna scusante né ideologica né economica. Ciò
          detto mi sembra che ora Hamas dovrà gestire il consenso elettorale
          raccolto. E dovrà gestirlo secondo le regole di una democrazia che ne
          ha legittimato il potere. Questo impegno sarà ovviamente sotto
          l’attenzione mondiale e non potrà che ‘negoziare’ ulteriori
          diritti ai palestinesi da una sede istituzionale che trova una
          collocazione sia geografica (i territori in suo possesso) che
          giuridica (un parlamento eletto e riconosciuto globalmente) che mi
          sembra essere pienamente compatibile con i nostri concetti di Stato
          liberal-democratico.  Ergo:
          Hamas con questa sua vittoria si trovi in mano due risultati che ne
          condizioneranno le possibili tattiche: un’opportunità (per i suoi
          uomini di potere) ed una ‘castagna calda’ (la scelta della linea
          politica da tenere).  Le
          due cose, combinate tra loro, la condurranno a due esiti strategici: o
          la sua frammentazione tra moderati e radicali e discredito verso chi
          li ha eletti, oppure al suo consolidamento elettorale e la sua
          necessità di aprirsi a chi potrà finanziarne le scelte politiche.  Possiamo
          comunque dedurne che Hamas ormai dovrà chiudere i finanziamenti
          esteri che la legano ai movimenti mussulmani più integralisti per la
          crescente impraticabilità dei ‘canali ufficiali’ e per il ruolo
          di ‘controllo’ che Al Fatah non potrà che abbracciare come suo
          unico strumento di visibilità politica per criticare ogni sospetto di
          connivenza col terrorismo della maggioranza di governo. La
          ‘vittoria’ di Al Fatah avrebbe invece costretto a proseguire nel
          logorante impegno occidentale (filo-israeliano – unico stato
          democratico nella regione) a sostenere dall’esterno un movimento
          accreditato d’un’immagine di profonda corruzione che si riverbera
          su chi è costretto a sostenerlo (le liberal-democrazie occidentali)
          ed avrebbe continuato a consolidare la crescita di Hamas non gravata
          dalla responsabilità di governare. Strategia
          tanto obbligata quanto sterile (o addirittura deteriore) per tutto
          l’occidente e per Israele. Invece
          gli sviluppi che ora si aprono sono molto favorevoli a nuove
          prospettive di cooperazione internazionale che ho potuto maturare nel
          tempo e di cui ho potuto farLe seppur vagamente cenno. Cooperazione
          auto-finanziata a sostegno di un autonomo (e quindi meno corruttibile)
          sviluppo di PMI locali grazie a joint venture imprenditoriali che si
          basino sulle capacità professionali del popolo palestinese. Unica
          popolazione araba della regione che ha dato segni di possedere
          attitudini industriali. Tranne forse il Libano (molto diverso come
          storia, religioni ed etnie) e l’Egitto (fortemente influenzato dalla
          sua storia molto particolare e dagli stretti rapporti di lunga
          tradizione con Francia ed UK). Sono
          molto fiducioso e sereno sul futuro che grazie alla ‘follia’ di
          Dubye si sta costantemente aprendo a beneficio di migliori e più
          stretti rapporti col mondo arabo proprio grazie ai risultati emersi
          (non ostante le preoccupazioni espresse perfino da  Credo
          che l’amico  cordialmente Carlo
          Vitali 
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