03/1/2004

Una proposta concreta Sulle Pensioni

(Per salvare baracca e burattini)

 

Negli ultimi anni sul problema dellea riforma del sistema pensionistico in Italia si sono scontrate frontalmente due posizioni, una prima decisamente riformista, una seconda avversa a qualsiasi cambiamento ed in strenua difesa dei cosiddetti “diritti acquisiti” dai lavoratori già in pensione o con una certa anzianità di servizio (e di tesseramento sindacale). 

Nel nome del concetto di presunti “diritti acquisiti” da taluni concittadini, per i quali non viene mai indicata la controparte, e cioè il gruppo di sfortunati concittadini al quale sono accollati i “doveri corrispondenti”, sono passate riforme inique che discriminano tutt’ora fra un lavoratore ed un altro.

Oggi la macroscopica evidenza dell’avvicinarsi della cosiddetta “bolla pensionistica”, dovuta a fenomeni demografici di per sé negativi quali l’invecchiamento della popolazione, ma dovuta ancora al fenomeno di per sé vivaddio positivo dell’allungamento dell’aspettativa di vita media per gli italiani e le italiane, ha parecchio avvicinato le posizioni. Dopo tutto, il sistema pensionistico a ripartizione ereditato dalla Repubblica Italiana nasce con Mussolini in un epoca nella quale si campava in media 20 anni di meno.

La mia proposta è la seguente:

·         trasferiamo 10 punti percentuali di contributi INPS a carico del datore di lavoro nella busta paga dei lavoratori dipendenti attivi

·         una grossa parte della voragine che si verrebbe a creare nei conti INPS sarebbe automaticamente coperta dall’incremento diretto ed immediato delle entrate Irpef dello Stato (almeno un 35% della stessa)

·         un’altra parte consistente del buco INPS verrebbe coperta dal pressochè automatico incremento immediato delle entrate per l’IVA da parte dello Stato dovuto al sicuro e diretto aumento dei consumi privati (poco meno di un altro 20%)

·         una terza parte (lo ammetto: meno certa e più difficile da stimare) del buco INPS verrebbe coperta da un più che probabile effetto moltiplicativo e di stimolo per l’economia in toto di tale manovra (forse un 10%)

·         nella prudente ipotesi che i meccanismi di cui sopra consentano allo Stato di restituire all’INPS il 60% di quanto perso in termini di contributi diretti, rimane da finanziare il rimanente 40%. E cioè una somma pari al 4% del monte salari “lordo” dei lavoratori dipendenti attivi.

·         Tale finanziamento è possibile con ritocchi verso l’alto assai modesti (dell’ordine, stimo, dell’ 1,5-2%) delle aliquote Irpef medie applicabili ai redditi di tutti gli Italiani, ivi compresi, ovviamente, i pensionati.

La mia proposta non pretende di essere “generazionalmente neutra”. Prevede effettivamente un modesto ri-trasferimento di ricchezza in favore dei lavoratori attivi e dei giovani in generale, a scapito dei pensionati e dei più anziani in genere.  Ma l’onere di tale trasferimento è attenuato enormenmente dal carattere espansivo per l’intera economia della manovra proposta. E chi scrive è convinto che tale proposta possa essere politicamente “venduta” e quindi accettata di buon grado, in quanto oggettivamente equa, anche da quegli elettori che non ne trarrebbero beneficio economico immediato. A patto che costoro abbiano a cuore il benessere futuro dei loro figli e nipoti.

Le generazioni oggi in pensione, o vicine alla pensione, sanno di aver usufruito nel corso degli ultimi 30 anni di notevoli “vantaggi” a sfavore delle nuove generazioni ultime arrivate:

·         Hanno in passato versato contributi INPS complessivi (a carico del lavoratore e dell’azienda) in percentuale assai più modesta di quanto si versi oggi a parità di trattamento

·         Hanno beneficiato direttamente degli anni di “finanza allegra” da parte dello Stato che hanno portato alla formazione del Debito Pubblico, ed ad ogni lira spesa dallo stato è corrisposta una lira di reddito per le generazioni allora attive, ad ogni lira di Debito Pubblico in formazione è corrisposto un aumento delle Attività Finanziarie Nette detenute (leggi BOT e CCT).

·         Hanno acquistato un bene fondamentale quale la propria abitazione investendo un numero di “mesi di stipendio netto” 5 volte più basso di quello oggi richiesto dal mercato. E l’evoluzione in tal senso del mercato immobiliare è conseguenza diretta ed inevitabile del pesante inasprimento dei prelievi fiscali, Iva, ICI, e contributivi avvenuti negli ultimi anni e volti ad evitare la bancarotta del sistema intero.

Samuel Magiar
Economist, M.A. Univ. Of Washington, Seattle, 1990