Una proposta concreta Sulle Pensioni (Per
salvare baracca e burattini) Negli ultimi
anni sul problema dellea riforma del sistema pensionistico in Italia si sono
scontrate frontalmente due posizioni, una prima decisamente riformista, una
seconda avversa a qualsiasi cambiamento ed in strenua difesa dei cosiddetti
“diritti acquisiti” dai lavoratori già in pensione o con una certa
anzianità di servizio (e di tesseramento sindacale).
Nel nome del
concetto di presunti “diritti
acquisiti” da taluni concittadini, per i quali non viene mai indicata la
controparte, e cioè il gruppo di sfortunati concittadini al quale sono
accollati i “doveri corrispondenti”,
sono passate riforme inique che discriminano tutt’ora fra un lavoratore ed
un altro. Oggi la
macroscopica evidenza dell’avvicinarsi della cosiddetta “bolla
pensionistica”, dovuta a fenomeni demografici di per sé negativi quali
l’invecchiamento della popolazione, ma dovuta ancora al fenomeno di per sé
vivaddio positivo dell’allungamento dell’aspettativa di vita media per gli
italiani e le italiane, ha parecchio avvicinato le posizioni. Dopo tutto, il
sistema pensionistico a ripartizione ereditato dalla Repubblica Italiana nasce
con Mussolini in un epoca nella quale si campava in media 20 anni di meno. La
mia proposta è la seguente: ·
trasferiamo 10
punti percentuali di contributi INPS a carico del datore di lavoro nella busta
paga dei lavoratori dipendenti attivi ·
una grossa
parte della voragine che si verrebbe a creare nei conti INPS sarebbe
automaticamente coperta dall’incremento diretto ed immediato delle entrate
Irpef dello Stato (almeno un 35% della stessa) ·
un’altra
parte consistente del buco INPS verrebbe coperta dal pressochè automatico
incremento immediato delle entrate per l’IVA da parte dello Stato dovuto al
sicuro e diretto aumento dei consumi privati (poco meno di un altro 20%) ·
una terza parte
(lo ammetto: meno certa e più difficile da stimare) del buco INPS verrebbe
coperta da un più che probabile effetto moltiplicativo e di stimolo per
l’economia in toto di tale manovra (forse un 10%) ·
nella prudente
ipotesi che i meccanismi di cui sopra consentano allo Stato di restituire
all’INPS il 60% di quanto perso in termini di contributi diretti, rimane da
finanziare il rimanente 40%. E cioè una somma pari al 4% del monte salari “lordo”
dei lavoratori dipendenti attivi. ·
Tale
finanziamento è possibile con ritocchi verso l’alto assai modesti
(dell’ordine, stimo, dell’ 1,5-2%) delle aliquote Irpef medie applicabili
ai redditi di tutti gli Italiani,
ivi compresi, ovviamente, i pensionati. La mia proposta non pretende di essere “generazionalmente neutra”.
Prevede effettivamente un modesto ri-trasferimento di ricchezza in favore dei
lavoratori attivi e dei giovani in generale, a scapito dei pensionati e dei più
anziani in genere. Ma l’onere
di tale trasferimento è attenuato enormenmente dal carattere espansivo per
l’intera economia della manovra proposta. E chi scrive è convinto che tale
proposta possa essere politicamente “venduta” e quindi accettata di buon
grado, in quanto oggettivamente equa, anche da quegli elettori che non ne trarrebbero
beneficio economico immediato. A patto che costoro abbiano a cuore il
benessere futuro dei loro figli e nipoti. Le generazioni oggi in pensione, o vicine alla pensione, sanno di aver
usufruito nel corso degli ultimi 30 anni di notevoli “vantaggi” a sfavore
delle nuove generazioni ultime arrivate: ·
Hanno in
passato versato contributi INPS complessivi (a carico del lavoratore e
dell’azienda) in percentuale assai più modesta di quanto si versi oggi a
parità di trattamento ·
Hanno
beneficiato direttamente degli anni di “finanza allegra” da parte dello
Stato che hanno portato alla formazione del Debito Pubblico, ed ad ogni lira
spesa dallo stato è corrisposta una lira di reddito per le generazioni allora
attive, ad ogni lira di Debito Pubblico in formazione è corrisposto un
aumento delle Attività Finanziarie Nette detenute (leggi BOT e CCT). ·
Hanno
acquistato un bene fondamentale quale la propria abitazione investendo un
numero di “mesi di stipendio netto” 5 volte più basso di quello oggi
richiesto dal mercato. E l’evoluzione in tal senso del mercato immobiliare
è conseguenza diretta ed inevitabile del pesante inasprimento dei prelievi
fiscali, Iva, ICI, e contributivi avvenuti negli ultimi anni e volti ad
evitare la bancarotta del sistema intero. Samuel
Magiar
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