20/01/2002

"Siamo arrivati ad un punto in cui ci stiamo giocando davvero la salute… dobbiamo deciderci se vivere o morire". "Si muore di polveri nelle nostre città". "Lo smog uccide 3.500 persone l’anno". La nostra sarebbe nientemeno che "l’Età dei Veleni". Qualcuno ha persino sostenuto che, di 56milioni di italiani, una trentina sarebbe di troppo. Ma la situazione è davvero così drammatica? Sono giustificabili i divieti di circolazione? E quali sono le soluzioni?

La qualità dell’aria: mai così buona come oggi.

Grazie agli sforzi compiuti in tutti i settori (industria, riscaldamento e circolazione), l’aria è complessivamente assai più pura oggi di quanto lo sia stata da un secolo. Dopo oltre cento anni dalla scomparsa, i licheni, estremamente sensibili all’inquinamento, sono ricomparsi nel centro di Parigi. Lo smog degli inverni londinesi non è che un ricordo. Oggi, la concentrazione media delle polveri nelle città europee è inferiore di cento volte rispetto ai valori registrati a Londra negli anni ’50.

A Milano, negli ultimi dieci anni: il biossido di zolfo è passato dai 79 microgrammi per metrocubo agli 11 (-86%); gli ossidi di azoto sono diminuiti da 255 a 141 microgrammi (-45%); l’ossido di carbonio è stato abbattuto dai 5,8 ai 2 microgrammi per metro cubo (-65%); il benzene è passato da 55 a 5 microgrammi (-90%). Non risponde quindi a verità l’affermazione secondo la quale l’incremento della mobilità avrebbe vanificato i benefici della riduzione di emissioni conseguita grazie al progresso tecnologico.

Oggi, però, l’attenzione è concentrata sulle cosiddette micropolveri (PM10) cui viene attribuita la parte largamente predominante dei danni dell’inquinamento atmosferico. E’ diminuita la concentrazione delle micropolveri rispetto al passato? Per quanto riguarda l’Italia, non è possibile dare una risposta certa a tale domanda in quanto sono disponibili rilevazioni solo per pochissimi anni. Si può però ragionevolmente ipotizzare che, anche per questo inquinante, la situazione stia progressivamente migliorando. Secondo i dati forniti dall’EPA (l’agenzia per l’ambiente degli Stati Uniti), le emissioni complessive di PM10 sono diminuite dal 1960 ad oggi di oltre due terzi. E, più importante, dal 1988 - anno in cui sono iniziate le rilevazioni - al 2000 la concentrazione delle micropolveri nell’aria è diminuita del 25%.

Chi emette le polveri sottili?

Non vi è dubbio che, in ambito urbano, sia da addebitare al traffico veicolare la maggior parte delle emissioni di micropolveri. Occorre però distinguere (e quindi intervenire) secondo il tipo e le caratteristiche di ogni veicolo. Secondo i dati forniti dall’ARPA della regione Toscana, le auto catalizzate (circa i 2/3 del parco circolante) emettono complessivamente l’1% delle polveri sottili, il 7% è attribuibile alle auto non catalizzate ed il 92% ai veicoli commerciali, agli autocarri ed ai bus.

Occorre inoltre sottolineare che, in base agli standard previsti dalla UE, per tutti i principali inquinanti, le emissioni delle auto che saranno vendute a partire dal 2005 saranno inferiori di oltre l’80% rispetto a quelle di un veicolo prodotto negli anni ’80. Per quanto riguarda più direttamente il particolato e le particelle incombuste, una casa automobilistica francese ha recentemente immesso sul mercato un’autovettura con alimentazione a gasolio le cui emissioni, certificate dall’ufficio federale tedesco dell’ambiente, sono venticinque volte inferiori al limite imposto dalla UE.

Il blocco del traffico: un provvedimento ingiustificato.

Non esiste alcuna prova certa di un solo decesso legato esclusivamente all’inquinamento atmosferico; per alcuni individui particolarmente vulnerabili l’inquinamento costituisce un fattore aggravante piuttosto che una causa diretta di morte. Si moriva di smog a Londra negli anni ’50 ma, come detto, da allora la qualità dell’aria nelle città è progressivamente migliorata.

D’accordo, non si muore. Ma quanti anni di vita ci ruba l’inquinamento atmosferico? Nessuno. Lo scorso anno l’ISTAT ha pubblicato una statistica sulla durata media della vita nelle Province italiane. Nel 1995 la vita media in Italia era di 77,9 anni: a Roma ed a Milano, le due città a più elevata densità di traffico, la speranza di vita era rispettivamente di 78 e 78,2 anni. Diversa era la situazione nel passato. Nel 1850, la speranza di vita a Londra era pari a 35 anni contro i 40 nel resto della Gran Bretagna. Una differenza ancora più accentuata si riscontrava all’inizio del ‘900 negli Stati Uniti: nelle aree urbane la vita media era di quaranta anni a fronte dei 54 nelle aree rurali.

In ogni caso, per quanto marginale, non si può negare che esista un effetto negativo della "cattiva" qualità dell’aria sulla salute. E’ questa una buona ragione per bloccare la circolazione?

Se così fosse, dovremmo essere coerenti fino in fondo. E bloccare il traffico non un giorno alla settimana ma sempre. Negli scorsi quindici giorni di "allarme smog" non vi è una sola persona in Italia che, uscita di casa al mattino in buone condizioni di salute, non vi abbia fatto ritorno alla sera perché uccisa dallo smog. In quegli stessi giorni, sulle strade italiane sono morte più di duecento persone e molti di più sono stati i feriti gravi. Ci preoccupiamo quindi della pagliuzza e non vediamo la trave.

Senza dimenticare poi il fatto che il blocco del 70% delle auto private equivale ad una riduzione delle emissioni di micropolveri dell’ordine dell’1% (sarebbe molto più efficace il blocco dei bus alimentati a gasolio).

Quale soluzione?

Tra le svariate idee avanzate in questi giorni, ve n’è una che ha raccolto un consenso quasi unanime. Per ridurre la mobilità privata occorre investire per migliorare i servizi di trasporto pubblico, in particolare il trasporto su rotaia (metropolitane e ferrovie regionali). Tale tesi non trova conferme nelle realtà. La capacità di sottrarre traffico alla strada da parte di nuove infrastrutture di trasporto collettivo è assai modesta. Esistono numerosi esempi di realizzazione di sistemi di trasporto collettivo in ambito urbano che non hanno comportato alcuna rilevante riduzione della mobilità privata e della congestione (alcuni amministratori hanno sostenuto che, poiché il miglioramento dei servizi di trasporto pubblico non è sufficiente a ridurre la mobilità privata, occorre deliberatamente peggiorare le condizioni di circolazione). Londra dispone di un’eccellente rete di metropolitana ma l’attuale dibattito sul problema traffico ricalca molto da vicino quello in corso in Italia.

La strada da perseguire non sembra quindi essere quella del potenziamento del trasporto collettivo (al contrario, è possibile ridurre drasticamente il livello dei sussidi per la gestione dei servizi: a Londra i ricavi tariffari coprono oltre l’80% dei costi di produzione) ma, piuttosto, la realizzazione di autostrade sotterranee ("metrostrade") a pedaggio. Pur avendo costi di investimento analoghi a quelli di una metropolitana, una "metrostrada" presenta i seguenti vantaggi: una più elevata quota di traffico di superficie attratta e, dunque, maggiori benefici ambientali e in termini di sicurezza, costi di esercizio più contenuti, introiti da traffico nettamente più elevati ed in grado di ripagare in tempi brevi l’investimento. A Oslo, negli anni ’90 è stato realizzato un tunnel che attraversa la città. L’investimento sarà ripagato nell’arco di poco più di un decennio grazie ai pedaggi riscossi per l’accesso nell’area urbana. Come ha dichiarato il presidente dell’Unione dei trasporti pubblici francesi: "Per conquistare appena uno o due punti di quota di mercato nei confronti dell’automobile, dovremmo investire cifre colossali in trasporti collettivi. Mandiamo piuttosto le automobili sottoterra".

(francesco.ramella@libero.it)

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"Il diritto alla mobilità coincide con il diritto alla libertà. E questa equazione è ancor più valida se applicata alle fasce deboli. Il ricco, per capirci, può prendere il taxi, il povero o sceglie il tram oppure sta a casa"
S. Chiamparino (La Stampa, 20 gennaio 2002)
 
 
"Decisamente importante è la diminuzione della mortalità per le malattie dell’apparato respiratorio e dell’apparato digerente. Per il primo gruppo di cause i tassi per il complesso delle età subiscono una riduzione davvero straordinaria: del 50% negli uomini e del 66% nelle donne. Tale fenomeno si evidenzia in tutte le età, ed è più accentuato al Sud e nelle donne".
ISTAT, La mortalità in Italia nel periodo 1970-1992: evoluzione e geografia, 1999
 
"If the facts change, I'll change my opinion. What do you do, sir? "
J. M. Keynes