11/01/2002

IL PUNTO per gli amici                                                 n°1 del 10 gen.2001

                               

                                DIPLOMAZIA PER LO SVILUPPO

L’imprenditore Berlusconi ha assunto l’incarico ad interim del Ministero degli Affari Esteri quasi fosse una nuova sfida alle sue capacità organizzative. Gli uomini d’affari in giro per il mondo hanno in genere un’opinione negativa dell'ambiente diplomatico. Evitano il più possibile di farsi vivi con gli ambasciatori, sia per sfuggire agli inviti con cravatta nera, sia perché spesso non vogliono informarli dei loro progetti (subito oggetto di rapporti al Ministero), sia per non perder tempo a spiegare a molti di loro problemi di cambi, di fisco, di dumping, di protezionismi, di concorrenza, di costi del lavoro, di borsa ecc.. La formazione culturale dei diplomatici italiani era piuttosto elevata. Oggi è mediamente scaduta. Restano valide le conoscenze linguistiche e di diritto internazionale, ma quelle di economia, pur oggetto di un importante esame al concorso d’ammissione, sono troppo teoriche. Di imposte, di borse, di derivati, di Opa  e di banche i diplomatici  ne sanno pochissimo.

       Il grande problema attuale delle ambasciate è di essere messe al corrente dei rapporti diretti tra le cancellerie, sempre più frequenti grazie al web, per non sentirsi tagliate fuori dal gioco. Gli ambasciatori, peraltro, cercano di redigere rapporti interessanti. Ma, essendo costruiti massimamente sulle informazioni tratte dai giornali, essi giungono in ritardo rispetto alle letture della stampa che gli uffici a Roma hanno già fatto tramite internet. Prevale così, come attività principale delle ambasciate, quella cosidetta mondana che gli uomini d’affari e di finanza ritengono in gran parte priva di apporti concreti alla promozione dei commerci e degli affari finanziari.

 La riforma che Dini aveva iniziato a mettere in opera sembra sia stata rallentata sotto il regime Ruggiero.  Berlusconi la riprenderà in mano con un’altra ottica, ma dice che non vuole fare una rivoluzione. E’ facile allora intuire che il nuovo disegno sarà molto pragmatico. Se l’Europa è chiamata a fare una politica estera comune verso i paesi terzi, al nostro Ministero resterà, oltre all’assistenza dei connazionali all’estero, ai visti ed ai passaporti, il compito più pratico di promuovere nel mondo globalizzato e nelle relazioni intraeuropee non solo lo scambio di merci, ma ogni tipo d’affare e, in collaborazione con l’ICE, la promozione di imprese e progetti. A tal fine sarà necessario che il personale all’estero migliori sia le sue conoscenze nel campo degli affari, sia le sue relazioni con  i business men locali e non solo con le autorità statali.

Siamo convinti che nel concorso di ammissione agli Esteri saranno inserire nuove materie (fisco, affari, finanze). Sarà agevolata la carriera dei funzionari che frequenteranno finance&business schools o corsi appositi organizzati dallo stesso Ministero. Diverrà imperativo anche ai segretari e consiglieri d’ambasciata e ai consoli delle grandi città relazionare il Ministero sulla loro frequentazione dei clubs d’affari locali per far relazioni utili a visitatori e corrispondenti italiani. Attirare investimenti esteri in Italia dovrebbe essere l’obiettivo principe degli ambasciatori.

 

                                    Livio Magnani

 
17/01/2002

IL PUNTO per gli amici                                              N°2 del 17 gen 2001        

                        COMPERATE PATATE!

Il benemerito Istat ha istituito un sistema di monitoraggio della conversione dei prezzi in lire verso i prezzi in euro di cui ha segnalato i primi risultati. I prezzi in euro negli ultimi tre mesi del 2001 hanno rallentato la corsa in misura leggermente maggiore di quelli in lire. Ciò significa che, sino ad allora, la conversione in euro non aveva avuto impatti negativi. Probabile, quindi, che solo la siccità ed il freddo siano responsabili dell’improvvisa fiammata nei prezzi dei prodotti ortofrutticoli di cui si parla oggi e di cui profittano i soliti rapinatori delle finanze pubbliche per chiedere riconoscimenti di “calamità naturali”. Comunque la gente è allarmata, perché teme che produttori e negozianti  prendano a pretesto il gran parlare che se ne fa in televisione, per accrescere i prezzi anche di altri generi alimentari ed affini (ristoranti). E’ assai probabile che, quando cesseranno le cause dell’allarme, i prezzi ribassino nei limiti stagionali. Ma è anche possibile che, trattandosi spesso di prodotti deperibili, ciò non avvenga o avvenga solo parzialmente. In un mercato che si vuole libero, la difesa dei consumatori, a fronte di una flessione dell’offerta e correlativo aumento dei prezzi, non deve essere la “sorveglianza” e la “vigilanza” di organi pubblici, tutte premesse ad un ritorno al controllo dei prezzi. Basta recarsi da un altro commerciante, basta cercare prodotti sostitutivi. “Se il cavolfiore è rincarato, cambia menu e compera patate!”.

           Purtroppo, il baccano televisivo e la denuncia di aumenti dei prezzi “ingiustificati”, creano aspettative d’inflazione e rischiano di arrecare grave danno all’economia del paese, perché “un rincaro tira l’altro” e, soprattutto, minano la pace sociale, stimolando pretese di aumenti salariali, pensionistici ecc. Le rivendicazioni capiterebbero nel momento peggiore, quando Cofferati ha imboccato il sentiero di guerra contro le deleghe al Governo sui licenziamenti (art 18) e la riforma previdenziale. Il programma di scioperi a scacchiera, regione per regione, è stato studiato in modo da arrecare il maggior danno produttivo e si aggiungono a quelli dei trasporti aerei e terrestri con conseguenze destabilizzanti. Difatti Cofferari non pensa che il Governo ceda (perderebbe di autorità), ma spera almeno di frenare lo sviluppo economico la cui ripresa è essenziale per l’osservanza dei vincoli del Patto di Stabilità europeo ed il successo di Berlusconi. Egli non perde occasione per affermare che la ripresa è già in atto, che l’Italia rispetterà i patti e che si oppone all’allentamento degli impegni di Maastricht chiesto da Francia e Germania. La ripresa economica è divenuta quasi una condizione di sopravvivenza. Senza di essa il gettito fiscale diverrà insufficiente e peggiorerà il debito pubblico a causa del più elevato fabbisogno finanziario.  L’obiettivo politico della lotta sindacale è quindi di determinare con scioperi ed altri mezzi, un rallentameno produttivo che, rincarando i costi unitari, diminuisca la competitività italiana sia verso i paesi di Eurolandia sia nei riguardi dell’estero.  Nuove rivendicazioni salariali da giustificare con gli attuali rialzi dei prezzi sono quindi più che probabili.

 

                                                     Livio Magnani