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 Gentile Prof. Carlo Pelanda, 
          ho letto il suo articolo del 5 gennaio 2002 sul Foglio:
          ne sono rimasto confortato molto, poiché l'eclettico e l'ardito dire,
          chiarisce in rapida sintesi quali sono gli enigmi e le formule - e
          quale la loro natura - che a largo spettro colgono e sintetizzano il
          divenire, e quale progresso e con quali mezzi riuscire a fare la
          prossima mossa della sopravvivenza.
         
          I poeti lei dice, la metapoiesi, ed io continuo i
          poeti certo, ma meglio la poiesi di domani, con la sua particolare
          identità, arrivare a scoprire - a tentare - la comunicazione, che è
          la vera cosa e nuova cui l'uomo può tendere, cercando di identificare
          quindi finalmente le attività dell'uomo, con cui esso prima -
          filosofia - a costruito l'analisi della frattura del sé, e quindi il
          funzionare del pensiero che reagisce con sé, il funzionare
          dell'uomo rispetto a se stesso, e poi - Arte - l'identificazione
          dell'Altro, e la stimolazione del pensiero attivato, che si definisce
          uno, che è l'identità della persona. In somma, avere un'identità
          della conoscenza, fino all'identità della comunicazione, fino
          all'acquisizione di una personalità acquisita in comunicazione.
         
          Il suo articolo chiamava alla libertà alla
          responsabilità e all'ambizioso rischio, era un amo gettato alla
          ricerca di ascoltatori particolari, che da sempre lavorano sulla
          sua domanda, essendo parte attuale del futuro, vivendola a tal punto
          da diventare la risposta - e solo in questo caso, lasciandosi
          andare alla dominazione della vita - io con la mia vita rischio la
          domanda che mi sono posto, e che lei ora mi pone, chiamandomi.
         
          Io rispondo quindi, e non con questa inadatta
          presentazione, ma con la mia giovinezza, col mio ardore, e col mio
          lavoro sopratutto.
         
          Così decido di spedirle la prossima settimana IL TERZO
          PENSIERO, che è risposta intima e privata tanto quanto la pubblica
          presenza del suo articolo.
         
          Spero di non averla tediata, poiché più che in queste
          confido nelle mie prossime parole, quando il lavoro parlerà per me.
         
          I miei genitori hanno la fortuna di conoscerla, io non
          ancora, chissà che questo incontro non stimoli le medesime
          corde.
         
                                      
          Grato e gratissimo 
         
                                                                  
          Jacopo Ricciardi    
         
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