10/02/2003

LE POINT INTERNATIONAL                        Genève, n°2  7 fev.2003

Edition italienne                                                         .                     www.pointintl.ch

  

                                   INVIDIA, MOTORE DI GIUSTIZIA?

                                           di Livio Magnani

L’emozione sollevata dai millesettecento licenziandi da Termini Imerese ha pochi confronti nella storia sociale del paese: blocchi d’autostrade, interruzioni ferroviarie, venti operai che minacciavano di buttarsi da tralicci, tante erinni scarmigliate che minacciavano il finimondo ed interviste televisive a non più finire di madri piangenti con le solite creature in braccio. “Cosa mangeremo domani?”, chiedevano al reporter. E così si sono moltiplicate sui giornali borghesi le collette per sostenere la lotta sindacale a oltranza e le riunioni a tutti i livelli per blaterare contro gli Agnelli che non volevano sganciare le palanche, contro la General Motors che aveva svalutato la sua partecipazione  in Italia, contro il Governo che rifiutava interventi e statalizzazione della FIAT.

  Emozione, ovviamente, con motivazioni politiche che non si è avuta invece per la notizia che i tassi d’interesse dei BOT sono scesi a tal punto da risultare inferiori all’aumento dei prezzi al consumo. Ormai, chi investe in questi titoli statali ottiene al rimborso una somma il cui potere d’acquisto è inferiore a quella prestata allo Stato. Si sono alzate solo voci di accusa al Governo di perseguire una politica di “deflazione”, quasi che i tassi praticati in Italia fossero indipendenti da quelli europei e mondiali. Nessuno si è dato da fare per consigliare ai risparmiatori danneggiati come meglio gestire le liquidità residue, contenere i consumi superflui e soprattutto chiedere al Governo di detassare i redditi da capitale in calo anziché i redditi di lavoro nominalmente sempre crescenti. Il fatto è che, mentre le associazioni dei consumatori sono sovvenzionate dallo Stato e sostenute dai partiti, quelle dei risparmiatori vino nella miseria più nera. Così pochi sono stati coloro che hanno tratto spunto dai redditi reali negativi dei BOT per sottolineare la caduta dei redditi disponibili di milioni di famiglie risparmiatrici. Da due anni esse hanno visto drasticamente ridotto il potere d’acquisto dei loro risparmi per effetto sia della caduta dei corsi azionari in borsa, sia per la riduzione dei tassi d’interesse percepiti sul reddito fisso.

Dopo un cinquantennio di esenzioni, detrazioni e sgravi fiscali del lavoro dipendente, di aumento delle pensioni minime e di crescente tassazione dei redditi di capitale in nome della redistribuzione dei redditi a favore del popolo lavoratore, si piange sui giovani disoccupati che non vogliono schiodare dai bar meridionali e si accettano senza fiatare le prepotenze delle squadracce sindacali. Però, nessuno spreme una lacrima sui “nuovi poveri”, sulle vecchiette ancor decorosamente vestite che fanno le fila con gli immigrati alle mense della Caritas. Purtroppo siamo un paese dove si odiano i ricchi, ma non si amano i poveri, dove s’ignorano gli stati di sofferenza individuali e le moltitudini di persone da aiutare, ma solo le povertà collettive di gruppi e di classi politicamente mobilizzabili. Purtroppo i dolori fisici, i patimenti morali, gli stati di depressione non servono a coloro che organizzano proteste per esserne sospinti verso il potere. Servono invece le frustrazioni, i rancori, le rabbie livide che scaturiscono dall’invidia verso i più fortunati, i più intelligenti e soprattutto i più ricchi. L’invidia, cammuffata da giustizia sociale,  è ormai nel mondo un motore più potente dell’amore.