Carissimo prof. Pelanda,
pochi giorni fa mi è arrivata a casa l'ultima
copia del National
Geographic, cui sono abbonato da diversi anni. All'interno un
servizio
sui fondali marini che circondano Cuba, firmato da Peter Benchley
e
accompagnato dalle splendide immagini di David Doubilet. Non così
splendido invece il testo dell'articolo, il cui sostegno al regime
castrista, pur indiretto, è a dir poco delirante.
Sullo stato di salute ambientale dei mari cubani, l'inviato non
trova
infatti altra fonte di informazione che la voce di Rosa Elena
Simeon,
ministro per la scienza, l'ambiente e la tecnologia del regime
locale.
Parole pronunciate mantenedosi fedeli all'estetica marxista
leninista, e
riportate sulle pagine della rivista non solo senza alcun
commento, ma
quasi approvandole. "Le leggi valgono solo se le si fa
rispettare.
Dobbiamo essere severi. Chiuderemo ogni albergo, ogni fabbrica,
ogni
impresa che violi le leggi sull'ambiente. Ovviamente possiamo
permetterci di essere così severi. Abbiamo un tale controllo
della
situazione da consentirci di mantenere l'ordine" e, dopo
poche righe,
"Visto che lo Stato controlla le attività a tutti i livelli
instaurare e
mantenere l'ordine è più facile che in altri Paesi dei Caraibi.
Le
nostre leggi di rado vengono violate. Il risultato è che da noi
l'ambiente marino è in condizioni migliori rispetto ad altre
zone".
Considerazioni che a parer mio non stonerebbero neppure nella
scenografia di qualche film bellico o di spionaggio, in bocca a un
ufficiale delle SS o al presidente della SPECTRE mentre commentano
l'inefficienza delle democrazie occidentali. Tenendo presente il
fine
didattico e divulgativo del National Geographic non
mi stupisco per nulla se ogni tanto la finzione cinematografica
diventa
realtà e nascono personaggi degni del più schizofrenico
personaggio di James Bond. Quel che preoccupa è che la redazione
del
National Geographic abbia sede a Washington e non a Baghdad.
Cordialmente,
Matteo F. M. Sommaruga
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