07/02/2002

Carissimo prof. Pelanda,

     pochi giorni fa mi è arrivata a casa l'ultima copia del National
 Geographic, cui sono abbonato da diversi anni. All'interno un servizio
 sui fondali marini che circondano Cuba, firmato da Peter Benchley e
 accompagnato dalle splendide immagini di David Doubilet. Non così
 splendido invece il testo dell'articolo, il cui sostegno al regime
 castrista, pur indiretto, è a dir poco delirante.
 Sullo stato di salute ambientale dei mari cubani, l'inviato non trova
 infatti altra fonte di informazione che la voce di Rosa Elena Simeon,
 ministro per la scienza, l'ambiente e la tecnologia del regime locale.
 Parole pronunciate mantenedosi fedeli all'estetica marxista leninista, e
 riportate sulle pagine della rivista non solo senza alcun commento, ma
 quasi approvandole. "Le leggi valgono solo se le si fa rispettare.
 Dobbiamo essere severi. Chiuderemo ogni albergo, ogni fabbrica, ogni
 impresa che violi le leggi sull'ambiente. Ovviamente possiamo
 permetterci di essere così severi. Abbiamo un tale controllo della
 situazione da consentirci di mantenere l'ordine" e, dopo poche righe,
 "Visto che lo Stato controlla le attività a tutti i livelli instaurare e
 mantenere l'ordine è più facile che in altri Paesi dei Caraibi. Le
 nostre leggi di rado vengono violate. Il risultato è che da noi
 l'ambiente marino è in condizioni migliori rispetto ad altre zone".
 Considerazioni che a parer mio non stonerebbero neppure nella
 scenografia di qualche film bellico o di spionaggio, in bocca a un
 ufficiale delle SS o al presidente della SPECTRE mentre commentano
 l'inefficienza delle democrazie occidentali. Tenendo presente il fine
 didattico e divulgativo del National Geographic non
 mi stupisco per nulla se ogni tanto la finzione cinematografica diventa
 realtà e nascono personaggi degni del più schizofrenico
 personaggio di James Bond. Quel che preoccupa è che la redazione del
 National Geographic abbia sede a Washington e non a Baghdad.

     Cordialmente,

 Matteo F. M. Sommaruga