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 Alla cortese attenzione del Prof. Carlo Pelanda 
         Egregio Professore,
       
         sono un sessantenne preoccupato per
        le conseguenze del ben noto divario fra "ricchi" e
        "poveri".
       
         Dal 1996 seguo con una certa
        attenzione i Suoi articoli su Il Giornale, dei quali apprezzo il tenore
        ed il carattere utilmente divulgativo.
       
         In Italia voto per il Polo (sono un
        doppio cittadino CH/I), non sono quindi un criptocomunista. Mi rendo
        conto che il binomio "democrazia/liberalismo economico" è
        condizione indispensabile per un maggior equilibrio sociale. Mi chiedo
        però se sia anche condizione sufficiente...
       
         Mi permetto rivolgerLe una domanda
        in merito ad una situazione specifica, quella del Sud Italia, Sicilia in
        particolare. Supponiamo che, dall'oggi al domani, con un colpo di
        bacchetta magica, vi si verificassero tutti i presupposti per lo
        sviluppo: infrastrutture adeguate a tutti i livelli, ordine pubblico
        (niente mafia!), totale flessibilità dei salari, onere tributario/
        previdenziale minimo, presenza capillare del cosiddetto
        "indotto" ai fini dell'outsourcing.
       
         In tale contesto, i tanto elogiati industriali del
        Nord Est italiano andrebbero finalmente ad investire in gran numero
        in Sicilia, anziché puntare sulla Romania come fanno adesso?
       
         Sapendo che in Romania la gente si accontenta di
        stipendi mensili dalle 200 alle 300 mila lire, la risposta mi sembra
        scontata: continuerebbero a preferire la Romania, e i lavoratori
        siciliani a rifiutare un tale salario per il semplice fatto che una casa
        in affitto a Trapani, Messina o Catania costa sicuramente molto di più.
       
         Mi pare inoltre semplicistico rifarsi solo alla
        scelta dei settori industriali da promuovere, cioè tessile/metalmeccanica
        in Romania, "alta tecnologia" in Sicilia. A meno di pensare
        che l'esperienza India (con i suoi specialisti in informatica) sia
        ripetibile all'infinito.
       
         Probabilmente, anche se tutti gli ostacoli che
        intralciano lo sviluppo del Sud Italia fossero rimossi (il che è
        comunque problematico), non si arriverebbe ugualmente ad una soluzione
        dell'arretratezza meridionale, se non giocando la carta vincente:
        trovare cioè il modo di attivare gli scambi utili innanzitutto
        fra gli stessi componenti della popolazione locale... affinché
        al limite ogni singolo individuo diventi un operatore economico, con un
        suo reddito di lavoro dipendente o autonomo.
       
         Spero di avere il privilegio di un Suo parere in
        merito, di cui La ringrazio anticipatamente.
       
         Distinti saluti
       
         Max Ramstein, viale Villa Foresta 7, CH-6850
        Mendrisio/ Svizzera
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