20/02/2001

Egregio Dottor Pelanda,

 
ho letto il suo articolo Il Polo e il Sud su Il Giornale del 19/2 e, in tutta franchezza, devo dirle che mi ha ben poco convinto in almeno tre punti:
 
1) Lei parla di "iniziative che abbiano comunicato al mercato" le grandi opportunità di un investimento nel sud dell'Italia, 
 da un convinto liberista come lei sono parole che mi suonano oltremodo strane; ma come, il mercato, i capitali, vanno, per definizione, dove esistono le opportunità. E', al contrario, prerogativa di un dirigismo statalista l'indirizzare opportunamente gli investimenti. Crede forse che la Nike o la Adidas siano andate a fare le scarpette in Indonesia grazie al Marketing dei Suharto di turno?
 
2) Lei sostiene che il Polo ha una visione "competitiva" del recupero del sud. Ne è proprio convinto? Il Polo, e Forza Italia in particolare, ha gonfiato le proprie file riciclando un numero esorbitante di esponenti del pentapartito, cioè di quel gruppo di potere che ha basato sul voto di scambio (cioè ti voto purchè tu continui a favorire il mio mantenimento improduttivo) gran parte del suo peso elettorale, non pensa che queste clientele faranno pesare il proprio volere al momento di prendere decisioni diciamo impopolari? Non è forse vero che i primi provvedimenti del Governo Berlusconi verso il sud furono di puro carattere assistenzialista (sussidi ai pescatori pugliesi ad esempio).
 
3) E' davvero convinto che la base umana al sud abbia un' "alta propensione al lavoro"? Forse se avesse anche lei avuto dei genitori operai nelle fabbriche dell'area milanese tra gli anni '60 e '70 avrebbe un' opinione diversa.
Ma vediamo alcuni esempi:
-per un bergamasco (o un milanese) "lazzarone" è una delle peggiori offese, non mi risulta lo stesso per un napoletano.
-i lavoratori del sud sono in percentuale straordinaria impiegati presso la pubblica amministrazione (scuola, Inps, uffici postali ecc...) posti dove la "propensione al lavoro" non è tra le doti più richieste.
-cambiando contesto, e attraversando l'oceano, mi pare che l'immigrazione dal sud Italia negli Stati Uniti sia nota per "propensioni" diverse.
-i nostri vecchi solevano in certi casi dire: "è un meridionale, però è un gran lavoratore". "Però", appunto.
 
Con i migliori saluti
 
Loris Cereda
 
--------------------------------------------
 
Gentile Signor Cereda,
lei è un esempio di come la questione del Sud sia ancora percepita attraverso stereotipi non realistici e pregiudizi etnici francamente irritanti.
Il "marketing territoriale" non è una politica assistenziale, ma un'azione competitiva. Per esempio, usata dal Cantone Ticino: se lei impianta una nuova impresa lì, il fisco locale negozia uno sconto di incentivo. 
Suo CP  
 
21/02/2001

Caro Pelanda,

 
mi spiace di averla irritata, può darsi che alcune delle mie argomentazioni suonino a pregiudizio, ma alcuni fatti sono incontrovertibili:
- I lavoratori del sud sono in percentuale ostentatamente elevata inseriti nel settore pubblico dove, insisto, la propensione al lavoro non è tra le caratteristiche peculiari.
 - Continuiamo ad importare immigrati perchè i lavoratori del sud nonostante l'alto tasso di disoccupazione rifiutano tutti i lavori per cui è richiesta un' "alta propensione al lavoro".
 -Forza Italia è un bellissimo crogiolo di riciclati dell'ex-pentapartito.
 -Un ultimo esempio, un fatto, non un pregiudizio, in molte fabbriche del sud negli anni ottanta, le politiche di incentivazione fiscale (che non sono certo una novità) si trasformarono in un livello di retribuzioni mediamente più alto per i lavoratori che reclamarono a gran voce il concetto di "pari costo per l'impresa". Senza contare l'immenso numero di truffe che tali politiche generarono a danno della parte più produttiva del paese.
 Mi scusi, non voglio avere l'ultima parola, ma mi è parso che la sua risposta abbia, diciamo leninisticamente, preso gli accenni provocatori del mio intervento per stigmatizzarli schermendosi dall' entrare nel merito delle mie, perdoni l'immodestia, concrete obiezioni.
 Con stima
 Loris Cereda