| Carissimo CP, prendo atto che il dolore fisico non ti impedisce 
        di azzeccarle quasi o pressochè tutte, com’è tuo costume. L’ultima fiamma, 
        che alimenta la mia instancabile e sincera ammirazione nei tuoi confronti, 
        è la tua dichiarazione-proposta di ostracismo alla sinistra, tempestiva 
        e rara prova di coraggio in un generale contesto di stomachevoli e ambigue 
        strizzatine d’occhio preelettorali. Al tuo elzeviro del due febbraio vorrei solo aggiungere 
        a mo’ di commento una breve asserzione, che ragioni di spazio-tempo mi 
        costringono ad argomentare in modo incompleto. Ebbene: il centrodestra 
        non si rende conto della propria forza, così come della debolezza dell’avversario. Cominciando da quest’ultima 
        affermazione, chiarirò subito che essa si basa sulla considerazione di 
        tre contraddizioni, ognuna appartenente a un settore diverso, anche se 
        limitrofo, della sfera socio-politica. 
        Il tema filosofico generale 
          che più caratterizza l’attuale mentalità di sinistra, la conservazione 
          e la difesa delle ‘differenze’, deve convivere con l’altra e opposta 
          pretesa fondante dell’anima della sinistra, cioè l’obiettivo finale 
          e salvifico dell’uguaglianza. Nessuno si preoccupa di chiarire la sequenza 
          di ragionamenti che starebbero alla base di questo strano percorso, 
          il quale, attraverso la valorizzazione della differenza e il suo permanere, 
          dovrebbe portare all’eliminazione della stessa, cioè, se le parole hanno 
          un senso,  all’uguaglianza. Forse nessuno, pensatore o filosofo, 
          si addentra nella questione  proprio perché teme di non uscirne. 
          Forse invece alla sinistra interessa salvare non tutte, ma solo qualche 
          determinata differenza e di raggiungere solo qualche determinato e parziale 
          livello di uguaglianza, che è bene non esplicitare.Sul terreno più tradizionalmente 
          politico, emerge dalla cronaca quotidiana, anche se non è mai posta 
          in risalto,  l’incongruenza di assumere come priorità il tema dell’emancipazione 
          femminile e nello stesso tempo dimostrarsi incondizionatamente favorevoli 
          a regimi e teocrazie, che anche nelle loro forme più moderate negano 
          nei fatti e nel diritto ogni possibilità di tale emancipazione. Il pieno 
          e incondizionato riconoscimento dell’islam come civiltà implica infatti, 
          checchè se ne dica, la possibilità di guardare ad esso come a un modello, 
          cioè in effetti al Corano, non come sapere e verità assoluta e incontrovertibile, 
          ma come oggetto di possibile interpretazione. Tale interpretazione, 
          comportando aggiornamenti e modernizzazioni, andrebbe per forza nella 
          direzione di un civile progresso, cioè di un divenire storico e sociologico 
          di usi e costumi non casualmente mutevoli, ma passibili di trasformazione 
          in conformità e in armonia con un concetto di bene, o di interesse comune, 
          ben noto e condiviso. A meno che si voglia conferire, in modo decisamente 
          improbabile, il rango e la natura di civiltà a una gigantesca struttura 
          inguaribilmente e inevitabilmente conservatrice, solo a causa del suo 
          peso numerico e della paura che incute.Il comunismo, numericamente 
          e qualitativamente molto ben rappresentato nel centrosinistra, vuoi 
          come componente interna, vuoi come elemento di sostegno esterno, dà 
          vita a una macrocontraddizione anche dal punto di vista delle politiche 
          economiche e finanziarie. Infatti nella scelta delle linee guida della 
          suddetta coalizione, così come nelle scelta del leader, appare in primo 
          piano, almeno agli occhi dei possibili elettori, la preoccupazione di 
          garantirli dai pericoli insisti in una possibile consistente affermazione 
          del comunismo stesso. La presenza delle componenti neocomuniste in seno 
          all’alleanza di centrosinistra non è in altre parole, o non sembra, 
          vissuta come forza propulsiva da contenere, ma piuttosto come elemento 
          esplosivo da disinnescare, dopo averlo utilizzato ai fini elettorali. 
          Se ciò equivale a riconoscere, finalmente, l’inadeguatezza degli schemi 
          e delle categorie di matrice marxista  al fattore primario che 
          governa la modernità, cioè alla tecnica in tutte le sue forme imprescindibili 
          e dominanti, in definitiva implica anche il riconoscimento di una presenza 
          scomoda, forse non proprio  estranea, ma sicuramente contraddittoria, 
          al proprio interno o al proprio fianco.  Queste tre macroscopiche 
        contraddizioni costituiscono un palese e forse sottovalutato (da entrambe 
        le parti) elemento di debolezza, perché non si pongono hegelianamente 
        come tolte o toglibili, ma si presentano come insolubili e rimangono, 
        nei rispettivi ambiti, irrisolte. L’ irritante silenzio del centrosinistra 
        sulle proprie sopra descritte magagne basta comunque da solo a giustificare 
        come inevitabile  l’ostracismo di cui sopra. Quanto alla mancata consapevolezza 
        della propria forza da parte del centrodestra, più che analizzarne ora 
        le cause troppo complesse, vorrei accennare a una delle sue manifestazioni 
        più mediaticamente familiari, cioè la inconsulta pretesa di aumentare 
        i telespettatori proporzionalmente o contestualmente agli elettori. Se 
        i primi possono essere, non si sa perché, sinistramente attratti dal sistematico 
        dileggio dei servitori fedeli, dalla becera messa in ridicolo delle autorità, 
        dai comizi e dai processi sommari in forma  pseudo-comica e volentieri 
        si lasciano dare in pasto a pedagoghi di infima schiera (Busi, Volo, Greggio, 
        Luca e Paolo, Costanzo, etc.), affittati dalla controparte e utilizzati 
        come predicatori del più nefasto conformismo politicamente corretto, i 
        secondi ora sognano soltanto, ma presto verranno a pretendere, un azzeramento 
        degli organigrammi e una rifondazione di Mediaset, organo politico a tutti 
        gli effetti, all’insegna della serietà vincente. Un altro luogo comune 
        da sfatare nell’ambito della comunicazione è che le trasmissioni d’informazione 
        e i dibattiti producano più opinione (e guadagnino più voti ) dei  
        programmi d’evasione e di intrattenimento. Anche questo pregiudizio è 
        un sintomo evidente del fatto che il centrodestra sottostima la propria 
        forza, soprattutto televisiva, e sottostimandola, si comporta da debole, 
        accumulando sconfitte evitabili sul piano politica e abbassando rischiosamente 
        il livelli del prodotto aziendale. Ma chi sono io per dirlo? Salutandoti fraternamente Ferruccio Sangiacom |