12/12/2005

Egregio Dott. Pelanda, leggo sempre con molto interesse le Sue illuminanti riflessioni politico-economiche pubblicate da il Giornale. Vorrei sottoporLe una questione da "dibattito" che secondo me è fondamentale nella fase attuale di sviluppo a cui sono arrivate le democrazie occidentali. Prendendo spunto dall'articolo di oggi, 12 dicembre 2005, c'è una contraddizione non risolta alla base delll'atteggiamento dell'Occidente nei confronti del terrorismo fondamentalista islamico che anche Lei mette in evidenza. Ovvero il fatto che gran parte del pensiero liberal sostiene il garantismo "a tutti i costi." Nelle indagini di intelligence, nei processi, nel trattamento dei prigionieri, nel rcorso a leggi straordinarie ecc. Perchè, dicono, " siamo democratici ed il primo dovere di un democratico autentico è rispettare i diritti umani e civili anche dei nostri nemici. Perciò dobbiamo essere i primi a dare il buon esempio, anche contro coloro che usano le nostre stesse garanzie per farci del male." Questo è uno dei frutti della malintesa frase attribuita a Voltaire nel Trattato sulla tolleranza: "Non condivido le tue idee ma combatterò fino alla morte perché tu le possa esprimere liberamente."  Bene: se prendiamo alla lettera questa pur saggia sentenza, la democrazia è arrivata al capolinea perché, per non rinnegare sè stessa, dovrà scegliere una morte certa: la propria. Come se un iscritto al WWF si rifiutasse di ammazzare un cobra che lo sta minacciando di morte per non colpire una "creatura della Madre Terra." Da qui, applicando una sorta di rasoio di Occam, la questione nuda e cruda: io, sistema democratico, per motivi altamente morali rispetto il tuo diritto di esistere come uomo libero anche se approfitti della libertà che io ti concedo per farmi un culo grande come una casa e poi, magari, per sgozzarmi come un maiale. Insomma, io ho grande rispetto per te ma in fin dei conti RINUNCIO AD AVERE RISPETTO PER ME STESSO. Allora, il dilemma diventa questo: è più importante che io rispetti il tuo diritto alla libertà, anche quello di farmi del male (perché lo imponne la "morale" della democrazia) o è più importante che io difenda la mia vita (che mi impone la natura stessa)? Il paradosso è che per i liberal ad ogni costo un albero diventa più importante della foresta stessa: un piccolo diritto salvaguardato ad un singolo uomo diventa un grande diritto negato a una moltitudine di persone: quello di esistere.

Insomma, per riprendere il Suo articolo, l'obiezione all'obiezione di chi difende i diritti umani di un potenziale terrorista "...e se quello uccidesse tuo figlio, cosa penseresti?" io l'avrei sviluppata così: "Bene, caro socio di Amnesty International, hai salvato un uomo dalla tortura e dalla prigione, però col tuo atteggiamento forse hai condannato a morte un milione di persone tra cui, presumibilmente, anche tuo figlio. Come si fa a parlare di rispetto del diritto alla libertà di una singola persona mettendo a rischio il diritto all'esistenza, ancor più fondamentale, di milioni di persone? Sono forse cose che si possono mettere sullo stesso piano? Tanti hanno formulato il concetto di guerra asimmetrica, ma da solo non basta a spiegare la globalità dei valori in campo perché qui si tratta anche, e soprattutto, di morale asimmetrica e, più in generale, di civiltà asimmetrica. Con tutto quello che ne consegue." Detto questo, avrei concluso con uno dei tanti luoghi comuni, tipo: "... le vie dell'inferno sono lastricate di buone intenzioni."
Perdoni la presunzione di questo mio scritto. In realtà è un modo un pò maldestro di ringraziarLa per avermi dato l'opportunità di mettere a fuoco un argomento su cui riflettevo da tanto tempo. Mi auguro che Lei, dall'alto del Suo ruolo, nei think tank internazionali che usualmente frequenta, si faccia portavoce anche delle mie ansie che ho espresso in questa lettera. Grazie mille e cordiali saluti,
 
Domenico Baldo