09/12/2003

Caro Professor Pelanda

Fino a pochi anni fa le parole “cattiveria”, “crudeltà” sembravano dimenticate, superate, usate solo nelle favole per bambini… Purtroppo non è così.

E’ risaputo che chi maltratta i bambini spesso ha subito violenze da piccolo.

Invece è meno noto, perlomeno lo era per me, che esiste un fenomeno analogo anche per i popoli. Le vittime, qualche volta, diventano poi i mostri.

Esempio: La rumena coppia Ceaucescu, trucidata nel 1989, è stata una coppia di mostri, una piaga per il proprio popolo. La stampa internazionale ne ha parlato spesso.

Ebbene: Rendiconto pubblicato su Il Giornale del 7 dicembre 2003: gli atti di crudeltà commessi sui cani randagi in Romania vanno al di là di ogni immaginazione. Chi lo dice non ne fa una colpa agli abitanti locali. Dice semplicemente che hanno sofferto troppo. Poi alla TV c’è stato il Porta a Porta di Bruno Vespa dell’8 dicembre 2003 sulle prostitute extracomunitarie che battono il marciapiede in Italia. Con precisazioni tragiche (da parte delle dirette interessate ma anche di uno studioso italiano) sulle percosse, mutilazioni e uccisioni inflitte, dai propri connazionali e con estrema crudeltà, alle rumene che si ribellano, fuggono, comunque sgarrano. Stranamente c’era una scrittrice che contestava, sostenendo, in modo chiaramente semplicistico, che le presunte schiave devono aver la forza di non accettare i soprusi, ecc. A dimostrazione di ciò portava avanti la propria storia. Ma lei (la scrittrice) era bulgara…

Sarebbe assurdo accusare la Romania e i Rumeni in quanto tali. Potenzialmente la violenza, la cattiveria esiste dappertutto, spesso come strana conseguenza di atti tremendi subiti in precedenza. Troppe volte filtrano strane notizie (per usare un eufemismo) provenienti da altri luoghi, anche insospettabili (agli occhi di taluni) come dalla grande Cina. Per non parlare dei bambini rapiti in Africa centrale per essere trasformati in soldati schiavi, temuti poi per la loro indicibile crudeltà.

Chi può “rimediare”? I politici, le istituzioni, la cosiddetta comunità internazionale? Quelli seri fanno del loro meglio ma i condizionamenti sono tantissimi… Quindi anche tutti noi, persone di buon senso, dovremmo mobilitarci, unirci in una società trasversale pronta ad agire concretamente.

Come?

Per chi può, andando sul posto (come la signora dei randagi in Romania… guai a criticarla sotto il pretesto che bisogna prima pensare ai cristiani, ognuno fa quello che si sente di fare, il che dipende dalle circostanze…).

Oppure facendo pressione verbale sugli industriali che delocalizzano in Romania, ma non solo, perché s’impegnino a livello locale per l’economia di prossimità (allo scopo di far scattare il “moltiplicatore degli investimenti” lì, sul posto). Ha ragione il Buon Governo: battendo la miseria, si batte anche la sopraffazione, lo sfruttamento sotto le sue forme peggiori… Come diceva anche un imprenditore italiano in uno dei tanti dibattiti televisivi, è controproducente puntare semplicemente a riesportare in Italia, e negli altri Paesi ricchi, i prodotti fabbricati in Romania ed altrove, perché così facendo la delocalizzazione si riduce a squallido business fine a se stesso, senza benefici significativi per i locali (se non quello di non morire di fame… già qualche cosa direbbe il Cinico…) e con l’effetto boomerang della concorrenza indotta a scapito delle attività produttive nel Paese di origine.

O ancora rastrellando fondi presso i “ricchi”, non solo per azioni umanitarie ma anche per sostenere le iniziative costruttive sul posto nel senso accennato prima. Ognuno può contribuire mettendo volantini sui tergicristalli delle macchine in sosta nella propria zona di residenza. Io sono pronto a farlo.

Qualche visitatore del sito mi risponde? (sul sito stesso o al sottostante numero di mail). Oppure ci sarà il solito muro del silenzio, magari con qualche commento sarcastico qua e là.

Ciao!

Max Ramstein