| Perdono per il condono.
 "Perdonami Padre Stato, sono 10 anni dal ultimo Tuo condono e
        questi sono
 i miei peccati:  non ho pagato le tasse."  Da quando
        osservo la commedia
 della vita quotidiana italiana, questa liturgia ciclica e
        confessionale
 del condono e contrizione tributaria mi è sempre sembrato
        un'applicazione
 laica del rito cattolico del peccato-pentimento-perdono-penitenza e poi
        via di
 nuovo allegramente a peccare.  Non so perché si stia facendo
        tanto rumore
 per la ripetizione del solito rituale, anzi, sì che lo so: 
        Padre Stato
 questa volta si chiama Berlusconi, e a lui non si può neanche
        perdonare il
 perdono.
 
 Invece non c'entrano i riti cattolici con l'evasione.  È
        piuttosto
 questione di sopravvivenza, d'autodifesa contro uno stato che
        pretende di
 strozzarti.  Le leggi tributarie sono come le leggi stradali. 
        Se segui le
 cartelle alla lettera, potresti non tornare mai a casa.  Se
        paghi le tasse
 a dovere, potresti restare senza soldi per mangiare.  Per
        illustrarvi
 perché non si potrebbe né si dovrebbe pagare tutte le tasse in
        Italia vi
 racconto una favola vera a fine infelice ma informativa.
 
 C'era una volta una piccola agenzia pubblicitaria, che andava
        forte nel
 suo piccolo e che aveva come socia una certa americana.  Agli inizi
        degli anni
 novanta è stata colpita, come tante altre aziende italiane, dalla
        "crisi",
 dalla recessione, dalla svalutazione della lira.  Purtroppo,
        vivendo in
 Piemonte, e avendo un portafoglio di clienti piemontesi, lo sforzo
        per
 sopravvivere è stato non solo inutile ma catastrofico.
 
 I piemontesi non sono come i commercianti milanesi.  Non
        vedono la
 pubblicità come "l'anima del commercio", ma come
        "fumo negli occhi."  E
 questo già in tempi buoni, figuriamoci in tempi burrascosi. 
        Qualunque
 scusa gli dai per stringere la cinghia, e loro stringono.  Ed
        i clienti
 proprietari d'azienda hanno le loro squadre di manager
        "protettori" che
 cantano solo ciò che loro vogliono sentire.  E così al
        nostro "È il
 momento di investire", è prevalso il "Risparmiuma,
        risparmiuma!" dei "Yes Men".
 Musica alle loro orecchie!
 
 Avremmo dovuto metterla subito in liquidazione.  Ma eravamo
        giovani e
 fiduciosi che i tempi sarebbero migliorati.  Solo che nel
        frattempo c'era
 da anticipare le tasse, basate sul guadagno "previsto"
        che viene calcolato
 ciecamente guardando all'anno precedente, che per noi era stato
        quello più
 prospero.  Però era una previsione irreale, anzi
        allucinogena, visto che
 si sapeva che avremmo avuto solo perdite.  Però la legge è la
        legge,
 specialmente per chi fattura ad altre aziende e non ha scampo. 
        Abbiamo
 dovuto pagare, abbiamo pagato, e abbiamo chiuso.
 
 Noi almeno avevamo pochi dipendenti sulla coscienza, tutti che
        sono stati
 poi sistemati meglio di noi.  Ma il punto è che non si può
        condannare
 Berlusconi per l'ennesimo condono a favore di persone che si sono
        saputi
 salvare dallo stato strozzatore.  Se mai ciò che si può
        "non perdonare" è
 la lentezza con la quale sta facendo le riforme per rendere le
        leggi
 rispettabili e le tasse pagabili, senza che siano atti d'auto
        immolazione.
 
 
 Sandra Giovanna Giacomazzi
 Italy
 
 Overseas Perspectives
 http://www.giogia.com
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 The Twentieth Century's Quest for Closure:
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