IL PARADISO DEI LAVATIVI IL PUNTO per gli amici e le persone che apprezzo n°32 del 7 dic.2001 La
giusta causa che lo Statuto dei Lavoratori ha sancito nel lontano 1970
per i licenziamenti è forse una delle norme che è costata di più
all’economia dell’Italia in termini di sviluppo. Ha reso più
costoso il lavoro, ha frenato le assunzioni e quindi gli investimenti
ed ha ridotto la produttività del lavoro. Basti pensare quale
sarebbe oggi la produttività nella nostra amministrazione pubblica se
fosse possibile il licenziamento per inefficienza. L’arretratezza
culturale dei sindacalisti (per non dire peggio) li ha resi ciechi
sull’evoluzione del mondo; da qui la difesa ungulis
et rostris dell’art.18 detto “il paradiso dei
lavativi”. Dopo
la rottura con il Governo su questo tema, avveduta è stata la decisione
dei sindacati di rinunciare per ora ad uno sciopero generale,
(l’ultimo risale all’ottobre del 1994 e convinse Bossi ad
abbandonare il primo Governo Berlusconi). Forse sarebbe stato un
insuccesso a causa del decrescente interesse dei giovani al posto fisso
garantito confermato dall’ultima Relazione del Censis. Inoltre,
sparando subito l’arma estrema di lotta, non sarebbe stato più
possibile organizzare un secondo sciopero generale
dopo l’incontro di giovedì prossimo, quando verrà in
discussione la delega al Governo per le pensioni.di anzianità,
l’età di pensionamento ecc.. Avveduta è stata anche la decisione del
Ministro del Lavoro di non pretendere (per il momento) la soppressione
dell’art.18 per lasciare
aperta la porta a negoziati con sindacati minori non allineati. Da ciò,
la trovata di svuotare quasi completamente la portata della riforma che
sarà solo temporanea, sarà
limitata ad un risarcimento in sostituzione del reintegro nel posto di
lavoro e consentita solo per i lavoratori emersi dal nero, per chi passa
dal tempo determinato all’indeterminato e per i neoassunti che fanno
superare la soglia dei 15 dipendenti. A
Maroni importava abbattere il tabou
dell’intoccabilità dello Statuto dei Lavoratori ed ottenere la
delega al Governo in materia di regolamentazione del lavoro. Lo
sciopero articolato per 3 giorni contro l’art.18 voluto dalla CISL ed
accettato da Cofferati non ha avuto grande eco. Il sindacato giornalisti
vi ha aderito solo all’ultimo giorno. Sorpende, comunque, che anche il
centro-destra continui a considerare come enorme calamità l’evento di
uno sciopero generale, pur trattandosi – come scrisse Panebianco –
di un’arma spuntata. Le
statistiche dimostrano che il danno alla produzione di ricchezza
nazionale – anche in caso di riuscita – è per lo più assai
modesto. Gli imprenditori finiscono per recuperare il prodotto mancato
con più straordinari e con la collaborazione istintiva di molti
lavoratori che nei giorni
successivi quasi sempre mostrano maggiore impegno. E’ quasi solo nel
campo di alcuni servizi che l’astensione dal lavoro, e quindi la minor
produzione, porta ad una parallela diminuzione degli utilizzi, ossia dei
consumi. Ed allora, perché tanta, quasi atavica paura? Coi
governi di centro e poi di sinistra, i sindacati sono sempre stati
pagati in anticipo nella speranza di rabbonirli, ma hanno sempre
replicato con nuove rivendicazioni. E’ una logica che deve essere
capovolta se vogliamo recuperare la competitività internazionale
necessaria ad accrescere l’esportazione e quindi accelerare la
produzione più degli altri. Questa politica è
facile da immaginare, ma per realizzarla occorre coraggio. Il
gioco, però, vale la candela, perché la limitazione dei licenziamenti
premia il personale peggiore. I
dirigenti sindacali italiani non lo capiscono. Cambiamoli prima che sia
troppo tardi.
Livio Magnani
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