09/12/2001

                                         IL PARADISO DEI  LAVATIVI

IL PUNTO per gli amici e le persone che apprezzo                                     n°32 del 7 dic.2001

 

La giusta causa che lo Statuto dei Lavoratori ha sancito nel lontano 1970 per i licenziamenti è forse una delle norme che è costata di più all’economia dell’Italia in termini di sviluppo. Ha reso più costoso il lavoro, ha frenato le assunzioni e quindi gli investimenti  ed ha ridotto la produttività del lavoro. Basti pensare quale sarebbe oggi la produttività nella nostra amministrazione pubblica se fosse possibile il licenziamento per inefficienza. L’arretratezza culturale dei sindacalisti (per non dire peggio) li ha resi ciechi sull’evoluzione del mondo; da qui la difesa ungulis et rostris dell’art.18 detto “il paradiso dei lavativi”.

 Dopo la rottura con il Governo su questo tema, avveduta è stata la decisione dei sindacati di rinunciare per ora ad uno sciopero generale, (l’ultimo risale all’ottobre del 1994 e convinse Bossi ad abbandonare il primo Governo Berlusconi). Forse sarebbe stato un insuccesso a causa del decrescente interesse dei giovani al posto fisso garantito confermato dall’ultima Relazione del Censis. Inoltre, sparando subito l’arma estrema di lotta, non sarebbe stato più possibile organizzare un secondo sciopero generale  dopo l’incontro di giovedì prossimo, quando verrà in discussione la delega al Governo per le pensioni.di anzianità, l’età di pensionamento ecc.. Avveduta è stata anche la decisione del Ministro del Lavoro di non pretendere (per il momento) la soppressione dell’art.18  per lasciare aperta la porta a negoziati con sindacati minori non allineati. Da ciò, la trovata di svuotare quasi completamente la portata della riforma che sarà solo  temporanea, sarà limitata ad un risarcimento in sostituzione del reintegro nel posto di lavoro e consentita solo per i lavoratori emersi dal nero, per chi passa dal tempo determinato all’indeterminato e per i neoassunti che fanno superare la soglia dei 15 dipendenti. A  Maroni importava abbattere il tabou  dell’intoccabilità dello Statuto dei Lavoratori ed ottenere la delega al Governo in materia di regolamentazione del lavoro.

 Lo sciopero articolato per 3 giorni contro l’art.18 voluto dalla CISL ed accettato da Cofferati non ha avuto grande eco. Il sindacato giornalisti vi ha aderito solo all’ultimo giorno. Sorpende, comunque, che anche il centro-destra continui a considerare come enorme calamità l’evento di uno sciopero generale, pur trattandosi – come scrisse Panebianco – di un’arma spuntata.  Le statistiche dimostrano che il danno alla produzione di ricchezza nazionale – anche in caso di riuscita – è per lo più assai modesto. Gli imprenditori finiscono per recuperare il prodotto mancato  con più straordinari e con la collaborazione istintiva di molti lavoratori  che nei giorni successivi quasi sempre mostrano maggiore impegno. E’ quasi solo nel campo di alcuni servizi che l’astensione dal lavoro, e quindi la minor produzione, porta ad una parallela diminuzione degli utilizzi, ossia dei consumi. Ed allora, perché tanta, quasi atavica paura?

Coi governi di centro e poi di sinistra, i sindacati sono sempre stati pagati in anticipo nella speranza di rabbonirli, ma hanno sempre replicato con nuove rivendicazioni. E’ una logica che deve essere capovolta se vogliamo recuperare la competitività internazionale necessaria ad accrescere l’esportazione e quindi accelerare la produzione più degli altri. Questa politica è  facile da immaginare, ma per realizzarla occorre coraggio. Il gioco, però, vale la candela, perché la limitazione dei licenziamenti premia il personale peggiore.  I dirigenti sindacali italiani non lo capiscono. Cambiamoli prima che sia  troppo tardi.

                                          Livio Magnani