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          Egregio prof. Pelanda,
         
          condivido pienamente l'analisi da Lei fatta su Il Giornale di oggi
          circa il rischio di ingovernabilità che corriamo con lo stallo del
          nuovo Parlamento, e la necessità di un accordo per le nuove
          elezioni come unica soluzione logica. Tuttavia credo che abbiamo fatto
          i conti senza l'oste, cioè Prodi.
         
          La sicumera del Professore è ormai un ingombro anche per la
          sinistra moderata - basta vedere le facce scure dei vari D'Alema,
          Fassino e Rutelli,  che però non possono ammetterlo - ma
          lui, che non ha partito, teme di sparire nel nulla e resisterà,
          resisterà, resisterà. Tale resistenza sarà appoggiata da tutta
          la sinistra radicale che spera di avere almeno una chance di
          governare e dagli antiberlusconiani duri e puri che non vogliono
          patti col diavolo.
         
          Per tali motivi vedo come molto difficile allo stato un accordo
          bi-partisan; Prodi arriverà a formare l'agognato governo e il
          suo primo atto sarà quello di guidare la carica per l'abrogazione
          della riforma costituzionale al referendum confermativo di
          giugno. Ciò probabilmente li ricompatterà  e creerà tensioni
          nel centrodestra, dove non mancano certo i contrari (già Follini si
          prepara), e questo sarà lo scoglio più duro dove il centrodestra
          potrebbe anche perdere pezzi (la Lega). Se la Casa delle Libertà sarà
          unita in una tenace opposizione al governicchio della sinistra e
          supererà la prova referendum, allora le loro contraddizioni potranno
          esplodere.
         
          Con una dura, asfissiante opposizione da subito e per
          qualche mese  il Mortadella sarà affettato ad
          opera dei suoi, che non vorranno essere bolliti con lui (Mastella ha
          gia fiutato il rischio). Poi si potranno esaminare i vari scenari che
          si apriranno, non escluso un governo tecnico di unità che faccia la
          finanziaria e ci porti a nuove elezioni nel 2007, in occasione delle
          quali il centrodestra metterà a frutto la lezione imparata
          quest'anno.
         
          Non possiamo (ancora) decomunistizzare l'Italia, ma deprodizzarla
          forse, si.
         
          Vittorio G.
         
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