15/04/2006
Egregio prof. Pelanda,
 
condivido pienamente l'analisi da Lei fatta su Il Giornale di oggi circa il rischio di ingovernabilità che corriamo con lo stallo del nuovo Parlamento, e la necessità di un accordo per le nuove elezioni come unica soluzione logica. Tuttavia credo che abbiamo fatto i conti senza l'oste, cioè Prodi.
La sicumera del Professore è ormai un ingombro anche per la sinistra moderata - basta vedere le facce scure dei vari D'Alema, Fassino e Rutelli,  che però non possono ammetterlo - ma lui, che non ha partito, teme di sparire nel nulla e resisterà, resisterà, resisterà. Tale resistenza sarà appoggiata da tutta la sinistra radicale che spera di avere almeno una chance di governare e dagli antiberlusconiani duri e puri che non vogliono patti col diavolo.
Per tali motivi vedo come molto difficile allo stato un accordo bi-partisan; Prodi arriverà a formare l'agognato governo e il suo primo atto sarà quello di guidare la carica per l'abrogazione della riforma costituzionale al referendum confermativo di giugno. Ciò probabilmente li ricompatterà  e creerà tensioni nel centrodestra, dove non mancano certo i contrari (già Follini si prepara), e questo sarà lo scoglio più duro dove il centrodestra potrebbe anche perdere pezzi (la Lega). Se la Casa delle Libertà sarà unita in una tenace opposizione al governicchio della sinistra e supererà la prova referendum, allora le loro contraddizioni potranno esplodere.
Con una dura, asfissiante opposizione da subito e per qualche mese  il Mortadella sarà affettato ad opera dei suoi, che non vorranno essere bolliti con lui (Mastella ha gia fiutato il rischio). Poi si potranno esaminare i vari scenari che si apriranno, non escluso un governo tecnico di unità che faccia la finanziaria e ci porti a nuove elezioni nel 2007, in occasione delle quali il centrodestra metterà a frutto la lezione imparata quest'anno.
Non possiamo (ancora) decomunistizzare l'Italia, ma deprodizzarla forse, si.
Vittorio G.