07/04/2006

Guardando l’allegato (sotto) 320 anni non sembrano passati utilmente per i lavori pubblici.

Ho notato che spesso le opere pubbliche, quando sono terminate, scontano costi eccessivi per le manutenzioni. Infatti, i progettisti, sia per leggi specifiche, sia per evitare accuse di favorire determinate case, danno descrizioni generiche dei materiali e dei componenti degli impianti tecnologici, lasciando campo libero alle imprese, che logicamente utilizzando i materiali con i costi inferiori. A questo va aggiunto che direttori dei lavori, assistenti e collaudatori, non possono controllare o verificare ogni particolare, con la conseguenza di lasciare tanti piccoli e grandi difetti di costruzione da risolvere nel futuro, quasi sempre a carico dell’acquirente (soggetto pubblico).

La soluzione a mio avviso è molto semplice, basterebbe obbligare tutte le amministrazioni pubbliche a bandire gare che affidino contestualmente ai lavori di costruzione ed alle  forniture  la manutenzione, organizzata come di seguito.

Per le forniture, manutenzione da offrire contestualmente alla offerta di gara con durata pari al ciclo di vita dell’apparecchio, dove dovrebbe essere previste con vincolo in fase di offerta quotazione del bene fornito in diviso in ogni suo componente, comprendendo parti di ricambio e manodopera e quantificazione economica delle parti escluse (che potrebbero essere sostituite con oneri al di fuori dei canoni, per esempio a seguito di danneggiamenti da parte di terzi), così evitando di acquistare una apparecchiatura, ad esempio diagnostica, molto economica in fase di acquisto ma dai costi di manutenzione di uno shuttle.

Per i lavori pubblici, si potrebbe prevedere l’assegnazione contestuale  della realizzazione dell’opera e della manutenzione decennale integrale con canoni prestabiliti, a decorrere dall’ultimazione dei lavori, dove dovrebbero essere quotate in fase di offerta tutti i componenti, sottocomponenti ed interventi di manutenzione ordinaria e straordinaria con le relative modalità (non raccogliendo delle fotocopie di fotocopie inutili ed illeggibili di foglietti di istruzioni), vincolando alla gestione della manutenzione, la stessa impresa o consorzio con i subappaltatori autorizzati per le singole lavorazioni e i fornitori dei materiali (anche questi ultimi dovrebbero essere obbligati a garantire la fornitura di ricambi nel decennio a prezzi prestabiliti).

A mio avviso, dovendo l’impresa aggiudicataria mantenere in efficienza l’opera per 10 anni, dove emergerebbero almeno il 90 % dei difetti non accertabili in fase di costruzione e collaudo, la stessa impresa,  se bene irreggimentata contrattualmente (con fideiussioni serie) avrà tutto l’interesse a realizzare un manufatto di qualità, quindi utilizzando materiali e componenti affidabili, perché il suo guadagno, lo conseguirebbe con i lavori, offrendo un prezzo giusto e poi lo ritroverebbe ancora nei contenuti costi di gestione, conseguendo per la pubblica amministrazione la prevedibilità della spesa anche a lungo termine e la sua fruibilità nel suo ciclo di vita. In due parole penso che si avrebbe una selezione darwiniana degli appaltatori di opere pubbliche, senza affannarsi in compilazioni di modelli che vanno a costituire solo carico di incendio per gli archivi pubblici, ma certamente non reggono i palazzi.

 

 

Cordialmente

Francesco A.