27/04/2004

Stimato Prof. Pelanda,

forse non si ricorda di me....le scrissi molto tempo fa in merito ad un Suo articolo sul GIORNALE che parlava di pace in medio oriente; di israeliani e arabi; di medici israeliani che aiutano bambini arabi e del trasferimento di questi ultimi anche in Italia. Oggi le scrivo in merito al film di Mel Gibson. Il "troppo" discusso (per pubblicità?) "La Passione di Cristo". 

Da qualche giorno desideravo scriverLe per conoscere il Suo parere in merito a questo grande - me lo lasci dire - "bum" del film di cui sopra. Per curiosità, più di mio marito che mia (non amo seguire la folla), siamo andati a vederlo. Sinceramente ero un po' prevenuta, volevo trovare quell'antisemitismo di cui tanto si parlava, soprattutto perché io non sono antisemita e perché devo all’ebraismo il mio avvicinamento alla religione cristiana. Invece mi sono trovata davanti a un film dove, ben in mostra, emergevano tutte le peggiori "qualità" dell'umano unite in un solo termine "bestialità". Niente a che vedere con l'antisemitismo quindi, quanto invece un sunto di come l'uomo, l'essere intelligente, quello che dovrebbe essere a immagine e somiglianza dell'Altissimo, riesce, soprattutto in branco, a essere: la vera bestia!

Cristo, in questo film appare come colui - in ogni luogo di questo pazzo mondo - che viene massacrato dal branco. Mi viene in mente quel pover'uomo pestato a sangue dai teppisti quando venne in difesa di alcune ragazze; mi vengono in mente i poveri senza tetto - a volte extracomunitari - bruciati, calpestati, picchiati senza ragione da bande di scalmanati. Quelle che noi chiamiamo bestie non sanno essere così crudeli. Gli animali, infatti, aggrediscono per paura o per fame, mai per cattiveria che poi è parente stretta dell'ignoranza e dell'imbecillità.

Inoltre nessuno, ma proprio nessuno, parlando di quel film, ha detto quanto forte emerga il rapporto tra Cristo e la Madre (la Madonna).

Eppure è così chiaro. Lui riesce a sopportare tutto perché ha la forza negli occhi di sua madre. Già, la madre, la terra, Gea, quella che ci partorisce, che ci fa crescere e alla quale si ritorna. Che strano! Eppure questo rapporto così stretto, così forte, così emotivo, è trainante in tutto il film. E' la parte che fa commuovere, è la parte poetica nonostante si navighi nel sangue. La madre è la nostra forza!

Perché nessuno ne ha parlato, perché si è voluto, a tutti i costi, leggere quel film solo dal punto di vista della religione cristiana, dei vangeli, e non si è voluto "leggere fra le righe" il significato poetico e filosofico (il rapporto con la madre) e, men che meno, leggere il paragone fra l’umanità di allora e quella del giorno d’oggi: bestiale allo stesso modo. E' cambiato qualcosa da allora? Nulla! L’umano resta bestia e l'animale è, a confronto, un angelo di dolcezza. Chissà - mi chiedo - cosa avrebbe "letto" in questo film Pasolini. Forse lui lo avrebbe capito. Il sangue con tanto orrore descritto? Beh! Si sono visti film ben più insanguinati. E’ vero però che è un film cruento. Ma che strano: ci fa effetto solo perché vediamo in quell’uomo il Cristo? Dovrebbe viceversa farci effetto sempre: Cristo, in quel film, è l’immagine degli indifesi che, visibilmente e non, tutti i giorni, ognuno di noi calpesta. Chi non ha peccato scagli la prima pietra!

 

Con stima

 

Rita