| 
 Come
          molti italiani non ho potuto fare meno di imbattermi in questi giorni
          in cortei e manifestazioni a favore della pace, ma contrariamente alle
          mie aspettative, non ne sono uscito con il cuore più ricco di
          pacifici sentimenti. Se come disse Mc Luan:" il veicolo è il
          messaggio", ne comprendo le ragioni, evidentemente i
          "veicoli" utilizzati dai pacifisti non grondavano
          propriamente di amore e pace. Tutto
          ruotava e si esauriva tra urla forsennate guarnite di irriferibile
          epiteti all'indirizzo del "boia" Bush (raffigurato per
          l'occasione a sparare all'impazzata con mitra e missili Cruise), e
          sventolii di bandiere rosse di "sinistra” memoria. 
          Più che evocare in me sentimenti di pace, le bandiere
          effigiate con falce e martello mi hanno ricordato gli ottanta milioni
          di morti provocati dalle dittature comuniste. Ma ciò che maggiormente
          mi ha sbalordito, è stato vedere alcuni “individui doubleface”
          indossare le magliette di Che Guevara e contemporaneamente ammantarsi
          nelle bandiere multicolore della pace.  Per
          onestà intellettuale, storica e politica, i “registi” del
          pacifismo avrebbero fatto meglio a ricordare ai propri militanti
          pacifisti che il Che non ha fatto rivoluzioni con bandierine, slogan e
          fiori, ma imbracciando armi ed ammazzando senza pietà i nemici della
          rivoluzione. Forse un po di coerenza non avrebbe guastato, se non
          altro in considerazione della magra figura a chi avesse chiesto
          ragione di tale ridicola contraddizione. Alla fine della
          "visita"pacifista, mi sono chiesto se è mai possibile
          strumentalizzare il valore pace per motivi “altri”e non
          dichiarati, ma palesemente intuibili. Se il veicolo è il messaggio,
          la risposta è data. gianni.toffali@inwind.it   
          Dossobuono   Verona 
           
 | 
| 
 I
        cattolici che negli ultimi mesi, sulla questione della guerra, hanno
        voluto attingere alle fonti del magistero della Chiesa per formarsi
        un'opinione, hanno incontrato notevoli difficoltà. E' innegabile che 
        tutte le gerarchie Vaticane, a partire dallo stesso Pontefice,
        hanno citato (ed ancora citano a ripetizione) esclusivamente l'
        Enciclica Pacem in Terris, ignorando qualsiasi riferimento al Catechismo
        della Chiesa Cattolica.            
         Quest'ultimo
        però costituisce: la sintesi e il deposito bimillenario della fede
        cattolica; il referente ultimo alla sete di verità dell'uomo credente;
        una sorta di vademecum del cattolico osservante. Pertanto,
        per un cattolico, "decidere” se attenersi alla Pacem in terris,
        che supera il concetto di pace come semplice assenza di guerra e la
        negazione tout court di ogni forma di violenza come mezzo di risoluzione
        delle controversie internazionali, o, aderire alle posizioni del
        Catechismo, che non nega aprioristicamente la legittimità della guerra
        giusta, non è scelta affatto facile. Allineandosi
        però all'enfasi con cui viene ribadita e sottolineata in continuazione
        la migliore validità teologica della Pacem in terris rispetto al
        Catechismo della Chiesa Cattolica, sovviene che questo strumento sia
        stato superato. Però, gli organismi preposti al controllo della
        dottrina della fede abbiano il coraggio di dirlo chiaramente,
        altrimenti, chi ancora lo legge (e ci crede), corre il rischio di essere
        scambiato per guerrafondaio.   Gianni.Toffali@inwind.it
          Dossobuono 
        Verona  
 L'euforia
        collettiva di queste ore della popolazione irakena, spazza via qualsiasi
        dubbio sulla bontà dell'intervento 
        americano e nello stesso tempo sancisce la sconfitta e la
        negazione del pensiero pacifista. Nella girandola di giubilanti immagini
        che ci arrivano dall'Irak, sintetizzate nella distruzione dei simboli
        del potere di Saddam e al tripudio riservato all'esercito americano, è
        racchiusa l'inascoltata, ma profetica lungimiranza della “dottrina”
        Bush. Ancora una volta gli opportunismi di alcuni paesi europei e la
        ridicola sottomissione dell'Onu a un singolo dittatore, sono stati
        superati dall’unica superpotenza in grado di ristabilire un minimo di
        ordine internazionale. Se le
        varie organizzazioni mondiali non sono state in grado di affrancare un
        popolo oppresso da trent'anni di regime, ben venga la Pax americana.
        Eppure, nonostante l'evidenza, i burattinai della regia pacifista hanno
        ancora la spudoratezza di affermare che non è stato trovato ciò che si
        cercava; non è forse poco avere abbattuto una dittatura e restituito la
        libertà ad una nazione? I pacifisti, in questi giorni sonoramente
        sconfitti sul piano ideologico dalla storia e dai fatti, dovrebbero, se
        intellettualmente onesti, incassare la sconfitta, gettare le patetiche
        bandiere multicolore e gioire assieme ai vincitori per il ripristino
        dell'agognata libertà. Ma l'ideologia è più forte della ragione e
        nuove marce sono all'orizzonte.   Gianni.Toffali@inwind.it  
        Verona  
 |