E' di questi giorni il dibattito sulla valorizzazione dei beni patrimoniali pubblici che il Sottosegretario all'Economia Gianluigi Magri stima in circa 200 miliardi di euro e che sono ancora in parte da individuare.
Dall'altro lato il Ministro Urbani si
lamenta per la riduzione delle potenzialità di spesa del Suo
Ministero che non riesce a far fronte alla cura dei beni artistici
pubblici.
Queste due esigenze possono,e credo
debbano,trovare una giusta soluzione con solo un pò di
coraggio,assimilando i beni artistici a quelli immobili e nello stesso
modo valorizzandoli.
Ad oggi l'attenzione è tutta rivolta ai
beni immobiliari che saranno oggetto di un'operazione di sell and
lease back:ciò potrebbe essere fatto anche con i beni artistici
pubblici puntando ad un ricavato rilevante per le Finanze di Stato con
il medesimo meccanismo.
Tutti gli edifici pubblici hanno beni ed
arredi artistici che sono di proprietà pubblica e che svolgono
funzioni decorative e funzionali costituendo però un costo per le
necessarie manutenzioni e non dando nessun reddito.
La grande maggioranza di essi non hanno
nessuna caratteristica che li renda essenziali per il patrimonio
artistico nazionale da essere dichiarati inalienabili:anche se lo
fossero in alcuni casi potrebbero essere notificati per impedire la
loro esportazione ma il dispositivo non annullerebbe il senso
dell'operazione.
La loro presenza all'interno degli edifici
è ormai ritenuta essenziale anche ai giusti fini di rappresentanza
istituzionale.
Si può quindi ragionevolmente pensare
alla vendita di questi beni ad un fondo d'investimento,magari
riservato agli investitori qualificati,che li valorizzi e li riaffitti
alle stesse amministrazioni assicurando un reddito sicuro a lungo
termine oltre alla rivalutazione del patrimonio.
E pensiamo a ciò che giace nei magazzini
od è obliato in alcuni uffici(il patrimonio artistico IRI/Rai può
essere un esempio).
giancarlo graziani
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