19/08/2004

E' di questi giorni il dibattito sulla valorizzazione dei beni patrimoniali pubblici che il Sottosegretario all'Economia Gianluigi Magri stima in circa 200 miliardi di euro e che sono ancora in parte da individuare.

Dall'altro lato il Ministro Urbani si lamenta per la riduzione delle potenzialità di spesa del Suo Ministero che non riesce a far fronte alla cura dei beni artistici pubblici.
Queste due esigenze possono,e credo debbano,trovare una giusta soluzione con solo un pò di coraggio,assimilando i beni artistici a quelli immobili e nello stesso modo valorizzandoli.
Ad oggi l'attenzione è tutta rivolta ai beni immobiliari che saranno oggetto di un'operazione di sell and lease back:ciò potrebbe essere fatto anche con i beni artistici pubblici puntando ad un ricavato rilevante per le Finanze di Stato con il medesimo meccanismo.
Tutti gli edifici pubblici hanno beni ed arredi artistici che sono di proprietà pubblica e che svolgono funzioni decorative e funzionali costituendo però un costo per le necessarie manutenzioni e non dando nessun reddito.
La grande maggioranza di essi non hanno nessuna caratteristica che li renda essenziali per il patrimonio artistico nazionale da essere dichiarati inalienabili:anche se lo fossero in alcuni casi potrebbero essere notificati per impedire la loro esportazione ma il dispositivo non annullerebbe il senso dell'operazione.
La loro presenza all'interno degli edifici è ormai ritenuta essenziale anche ai giusti fini di rappresentanza istituzionale.
Si può quindi ragionevolmente pensare alla vendita di questi beni ad un fondo d'investimento,magari riservato agli investitori qualificati,che li valorizzi e li riaffitti alle stesse amministrazioni assicurando un reddito sicuro a lungo termine oltre alla rivalutazione del patrimonio.
E pensiamo a ciò che giace nei magazzini od è obliato in alcuni uffici(il patrimonio artistico IRI/Rai può essere un esempio).
 
giancarlo graziani