10/07/2004

Quelli che lavorano al dopo Berlusconi

 

Nell’ultimo decennio la coalizione di centro destra si è contraddistinta per la fedeltà alla sua guida,  che non è mai stata messa in discussione, né quando gli attacchi più veementi sono piovuti dalla magistratura, né in occasione di sconfitte elettorali. Silvio Berlusconi indubbiamente faceva comodo, ed è sempre stato al comando dell’alleanza senza indugi. Ma dieci anni di leadership sono logoranti, soprattutto per chi è restato nell’ombra, pur ambendo ad un ruolo diverso. Così è forte la tentazione di immaginare scenari fino ad oggi appannaggio esclusivo del centrosinistra, famoso per fare terra bruciata intorno al suo leader di comando, scelto dalla coalizione ma mai condiviso e amato.

Mentre l’Ulivo ha sempre puntato alla vittoria nelle varie tornate elettorali, arrivando alla resa dei conti interna in modo spesso squallido, con largo anticipo sulle scadenze elettorali, ma senza compromettere l’asse antiberlusconiano, il centro destra si è adagiato sulla figura di Silvio Berlusconi e sulle sue capacità catalizzatrici. Non esiste, infatti, nella coalizione una personalità di spessore qual è quella rappresentata da Silvio Berlusconi; Fini e Casini, ovvero i leader dei due principali alleati di Forza Italia, per quanto abbiano lavorato faticosamente all’affermazione della propria immagine e credibilità politica, mostrano ancora evidenti limiti che difficilmente ne fanno potenziali candidati premier. Restano le personalità esterne, vicine all’area della maggioranza. Tra queste, il Governatore della Banca d’Italia, Fazio: ma gli scandali finanziari che hanno travolto il nostro sistema imprenditoriale, con la chiara responsabilità di quello bancario e la conseguente lacunosa vigilanza dell’Istituto, oltre al lacerante conflitto “personale” che ha contrapposto il Governatore della Banca d’Italia all’ex ministro dell’Economia, Giulio Tremonti, hanno seriamente compromesso la credibilità di una candidatura che sarebbe stata di tipo tecnico, prestandosi quindi ad un possibile cambio in corsa del governo Berlusconi.

Sarà forse pura e semplice fantapolitica, ma l’asse costituito da An e l’Udc sembra intenzionato a lavorare ad un progetto di lungo periodo volto a liberarsi dell’abbraccio invasivo e onnicomprensivo di Silvio Berlusconi, portandolo ad una sicura sconfitta alle politiche del 2006, per poter riscrivere il quadro politico e di alleanze. Solo una netta sconfitta, infatti, legittimerebbe gli alleati a cercare delle alternative. Non trascurando tutti gli scenari possibili, con l’eventuale dissoluzione di Forza Italia o con una sua sopravvivenza nonostante il partito del premier stia vivendo una crisi strutturale di grandi proporzioni. In ognuno di questi casi, tuttavia, si aprirebbe la strada ad un altro abbraccio “politico” ad una lobby di potere economico e finanziaria che si è affermata in questi anni nel nostro Paese e che ha in Luca Corsero di Montezemolo il suo esponente di spicco e quello a più alto impatto mediatico. Nei suoi primi discorsi da Presidente di Confindustria, del resto, è sembrato ascoltare più le parole di un politico che quelle di un capo industriale. E Montezemolo sta costruendo proprio quella immagine già di per sé vincente, con la definizione di una serie di punti che potrebbero costituire l’asse portante di un progetto politico.

Silvio Berlusconi è ormai una figura troppo ingombrante per gli alleati di centro destra, incapaci di brillare di luce propria, e sembrano non essere casuali le voci che dalla maggioranza si sono levate in questi giorni. La leadership berlusconiana può essere scalfita solo da un gruppo di potere tanto forte quanto vincente. E l’unica in questo momento credibile è proprio quella dei Montezemolo boys

Paolo Carotenuto

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