IL PUNTO per gli amici
UN PATRIMONIO DI CREDIBILITA’
n°22 27/7/01
Ogni anno, largamente inascoltato dal Governo in
carica, Fazio è andato criticando l’insufficiente sviluppo produttivo e
l’investimento estero diretto quasi nullo a causa della rigidità della
regolamentazione garantista sul lavoro. Mille volte ha ripetuto la necessità
di ridurre la spesa pubblica corrente attraverso riforme strutturali di
pensioni e della sanità e non soltanto con interventi correttivi di breve
periodo. Ha persino preconizzato livelli salariali ridotti nel Mezzogiorno per
adeguarli alla produttività (donde il premio Tarantelli) e troppe volte
lamentato il minor sviluppo del pil italiano rispetto a quello europeo. Ma
martedì scorso Fazio ha osato dire che la politica di centro-sinistra ha
portato ad una crescita più bassa della media europea. Apriti cielo! Pier
Luigi Bersani ha parlato di dichiarazioni stupefacenti, perchè il
centrosinistra è riuscito ad arrivare l’anno scorso e quest’anno a
risultati nella media europea. Eppure in dieci anni la crescita media è stata
dell’1,5% soltanto e l’Italia ha perso almeno 10 punti percentuali di
crescita. Il linguaggio di Fazio era sempre stato ovattato, ma non ha mai
taciuto. Eppure Enzo Biagi, che
non conoscevamo attento lettore delle Considerazioni finali dei Governatori, ha
scritto che se la politica
del centro-sinistra non ha fatto crescere l’Italia ciò è avvenuto con la
“silenziosa complicità” di Fazio. Lo
stesso ex-consigliere economico di D’Alema e poi di Visco – ottimo
economista – ha dichiarato in un intervista che fino alla creazione della BCE,
la politica economica, assieme al Governo, la faceva la Banca d’Italia. Ma
noi sappiamo che da troppi anni la politica economica è imposta al Governo dai
sindacati e dai loro diktat, sindacati che oggi nessuno tocca per non
ricompattarne il fronte.
E’ un peccato che il cartello elettorale del centro-sinistra sia
incapace di critiche costruttive. Gli attacchi attuali a Fazio rischiano di
distruggere il patrimonio di credibilità costruito dalla Banca d’Italia in
questi anni, senza averne nulla in cambio: solo un danno al paese! Di critiche
costruttive ce ne sarebbero parecchie. Tra esse, la piccola furbizia di
raccontare che l’Italia manterrà l’impegno di un indebitamento netto allo
0,8% del pil per il 2001, quando tutti sanno che si chiuderà
con l’1,7% o peggio, perché manca il tempo per tagli ad effetto
immediato e c’è per di più la volontà politica di non mettere sul tappeto
i grandi problemi della riforma pensionistica e della sanità prima
dell’autunno per non inasprire le parti sociali. Si aspetta di ammettere l’
inadempienza italiana senza perdere la faccia, ossia di farlo solo quando lo
dichiareranno anche la Francia e la Germania sia pur per “buchi” meno ampi.
Ma questi paesi stanno già manovrando per modificare l’interpretazione dei
parametri dell’accordo di stabilità (rapporti medi nella fase del ciclo e
non tassativi anno per anno) prima di aver azzerato la media del rapporto
deficit/pil. Questo trucco farebbe spazio alle spese demagogiche prelettorali
dei socialisti francesi e tedeschi. Il pericolo che loro vogliono sventare è
che l’esempio italiano di una nuova politica economica (meno tasse e meno
sprechi) possa aver successo e quindi faccia scuola.
Fabius ed Eichel tendono
quindi ad un rilancio attraverso il deficit spending “temporaneo”. Se
l’Italia si affianca agli altri due nell’annuncio del non rispetto dei
parametri attuali, rischia di essere coinvolta non solo nei fatti, ma
forse persino nei passi successivi,
perché un deficit spending non è temporaneo se si consolida in maggiore
inflazione e in un euro ancora più debole. In questo clima, la formula
tremontiana rischia di tramontare.
Livio Magnani
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