Di Carlo Pelanda
(18-12-2000)
Venerdì scorso i mercati azionari, pur non subendo un crollo, sono
andati molto male. E oggi, alla riapertura, si può certamente dire che le
Borse, soprattutto quelle americane, sono al bivio tra una prospettiva di
rimbalzo ed una di caduta pesante. Cerchiamo di capire le prospettive.
Prima, però, è necessario ricordare perché i destini borsistici
siano così importanti in questo frangente. L’economia americana - che traina
tutta quella globale, tra cui le nostre esportazioni – è, come noto, in fase di
rallentamento (la produzione industriale è diminuita per due mesi successivi).
Da qui in poi potrebbe assestarsi su una crescita robusta (attorno al 3,5% dal
quasi 6 tendenziale dei primi mesi del 2000), seppur minore di quella degli
anni passati, oppure precipitare in recessione e starci per buona parte del
2001. Il secondo scenario è attualmente considerato dai più come improbabile.
Perché i dati dell’economia reale non sono per nulla disastrosi e quelli dell’inflazione,
rilevanti per le decisioni sui tassi monetari, sono buoni. In ogni caso
l’autorità monetaria (Fed) ha fatto capire che nell’eventualità di brutte
sorprese sarà prontissima a ribassare nella giusta misura i tassi e, quindi, a
ripompare la crescita. E comunque ci si attende un primo moderato ribasso alla
fine di gennaio, per sostenere le attese di crescita e bilanciare la tendenza
discendente già in atto. Tuttavia c’è un fattore critico fuori controllo. In
America i consumi sono molto dipendenti dagli andamenti borsistici perché
esiste, diversamente dall’Europa, una finanza di massa. Un crollo del mercato
azionario ridurrebbe quasi sicuramente la spesa delle famiglie. Sta già
avvenendo in base ai risultati negativi delle Borse nel 2000. Se la situazione
peggiorasse in questa settimana natalizia ci sarebbe una reazione psicologica
tale da far cadere a picco i consumi, più del previsto. E ciò potrebbe
innescare, per motivi più psicologici che reali, una picchiata recessiva. Che
getterebbe in una spirale di pessimismo tutto il mercato globale. L’euro
risalirebbe di un po’, ma le esportazioni europee crollerebbero per la
contrazione della domanda americana che ne è il fattore di traino principale. E
la moneta unica ridiscenderebbe subito dopo. Ecco perché la situazione delle
Borse americane è in questo momento il fattore più critico dello scenario
Cosa le sta buttando giù? Il crollo maggiore è avvenuto nel
comparto tecnologico, cioè nei titoli quotati sul Nasdaq, in America, e – per
effetto traino - sui “Nuovi mercati” delle Borse europee. Durante tutto l’anno
è avvenuto uno sgonfiamento della bolla del 1999 e prima parte del 2000. Nelle
ultime settimane il mercato stava cercando un valore di pavimento da cui far
rimbalzare una nuova crescita di questi titoli azionari. Ed aspettava, come ho
già scritto due settimane fa su queste pagine, una “buona notizia” che
segnalasse il riavvio di un umore rialzista. Ma questa non è arrivata. Sono
piovuti, invece, dati che indicano una riduzione dei profitti per il 2001 in
quasi tutte le aziende quotate, Microsoft, in particolare, che è un termometro
per tutto il settore Internet-computer e dintorni. In realtà non sono cifre
catastrofiche, anzi. Ma guadagni di
molto inferiori alle previsioni hanno deluso, creando la sensazione che
l’economia potrebbe rallentare molto più di quanto si pensi e che lo
sgonfiamento dei tecnologici non sia ancora arrivato a pavimento. Molti
operatori finanziari, sovraesposti in titoli tecnologici, hanno preso atto che
il settore era nei guai ed hanno liquidato le posizioni. Quindi nei prossimi
giorni c’è un serio rischio che tale liquidazione continui mandando a fondo gli
indici borsistici. Perfino con maggiore pericolosità in Europa dove il mercato - specialmente in Italia
- ha tardato a rendersi conto che la
bolla tecnologica era proprio finita.
Potranno i titoli della “vecchia economia” compensare la sfiducia
sul settore tecnologico e rialzare almeno gli indici borsistici relativi, per
esempio il Dow Jones in America ed il Mib in Italia, come è successo negli
ultimi mesi? Se si conferma il pessimismo sulla crescita americana futura sarà
difficile. E venerdì il l’indice Dow Jones è sceso di circa il 2%. Quindi il momento è brutto.
I dati, poiché molto sensibili a fattori psicologici e di umore, non permettono di scommettere razionalmente su un rimbalzo o su una caduta. Ma cerchiamo di forzare una previsione, comunque, da prendersi ovviamente per pensiero del tutto ipotetico. Secondo me il mercato sta ancora scontando, fondamentalmente, la delusione di non essere riuscito a realizzare un rally rialzista di fine anno tale da compensare in pochi giorni le perdite accumulate nei mesi scorsi. Inoltre, da mesi, ha “la sveglia” in ritardo. Ci ha messo troppo tempo ad accorgersi che la bolla tecnologica era finita ed è rimasto ancorato ad un’idea illusoria di rimbalzo. Ora che se ne è accorto prova un “effetto delusione” che, però, è fuori tempo. Infatti la percezione corretta delle prospettive sarebbe quella che vede, grazie alla caduta ormai avvenuta, un grande spazio di crescita futura per un sostanzioso paniere di titoli sia di nuova che di vecchia economia ora sottovalutati, equivalente ad un possibile rialzo degli indici (americani) tra il 10 ed il 15% nell’arco del 2001. Corrispondente ad un mantenimento di una crescita del Pil vicino al 4%. Appunto, la realtà è che l’America ha già frenato abbastanza ed è pronta a rimbalzare. Ma uno strano effetto “ritardo” nella psicologia del mercato teme che la frenata debba ancora avvenire. E ciò crea il rischio di una caduta borsistica a causa di una profezia autorealizzentesi. Vedremo nei prossimi due o tre giorni se il mercato si sveglierà o se continuerà ad agitarsi nell’incubo.