15/11/2000

Carissimo dott. Pelanda,

 appena sono venuto a sapere della proposta, partita dall'on.
 Storace, di mettere sotto verifica alcuni libri di testo, mi sono quasi
 sentito vendicato delle non certo piacevoli discussioni che ho dovuto,
 fin dalle medie, affrontare con i miei insegnanti. Sui libri di testo
 leggevo dell'Europa Orientale, per non parlare dell'Unione Sovietica,
 come se fosse il paese di Bengodi, e quando
 alzavo discretamente la mano per dire all'insegnante che le mie dirette
 esperienze oltrecortina ( mio padre ha lavorato per lungo tempo con i
 paesi del blocco sovietico ) non erano del tutto conformi a queste tesi,
 nel migliore dei casi mi si rispondeva con un sorriso di sufficienza.
 Talvolta mi davano del fascista, sullo stile di Peppone a Montecitorio (
 cfr. Don Camillo Monsignore, ma non troppo ), altre volte dicevano che
 semplicemente mi inventavo tutto.

 Non credevano che per battere a macchina fosse necessaria una patente (
 la macchina per scrivere poteva essere utilizzata con la carta carbone,
 ergo fino a sei, sette copie ergo strumento utile per la propaganda
 sovversiva ) o che le macchine fotocopiatrici fossero disponibili solo a
 Mosca, ma soprattutto non credevano alle situazioni di miseria di cui
 parlavo.

 Per non parlare poi delle sfrenate apologie propagandistiche quando si
 avvicinava il 25 aprile. Il che, essendo stato mio nonno materno ucciso
 dai partigiani nel maggio 1945, per me non erano certo piacevoli.
 Fortunatamente il giorno della liberazione era però vacanza, sennò avrei
 rischiato di sfilare a fianco degli assassini di mio nonno. La qual cosa
 in un certo senso accadeva il 2 giugno, quando mi mettevano la
 bandierina in mano per festeggiare la Repubblica.

 Che dire poi di quando, già al liceo, leggevo La Voce e Il Giornale. Non
 frequentavo il Parini o il Berchet, ma un collegio arcivescovile, e se i
 miei genitori andavano a parlare con i professori questi ultimi
 definivano i quotidiani, allora diretti rispettivamente  da Feltri e
 Montanelli, una lettura pericolosa. Saranno state educative le
 encicliche del cardinal Martini che ero costretto a studiare durante le
 vacanze invernali. Primi esempi del buonismo tuttora imperante. Nella
 stessa scuola, un paio di anni prima, alle medie, durante le giornate
 della Guerra del Golfo, avevo portato in classe una copia del Reader's
 Digest. Il professore di italiano voleva farci discutere, sulla base
 della carta stampata, gli avvenimenti più recenti, ma il Reader's Digest
 ( senza parlare de Il Giornale ) era considerata fonte inattendibile
 perchè pubblicata negli USA.
 Del resto mi è andata anche peggio compreso un cinque in italiano con la
 scusa di essere andato fuori tema. Il fatto che l'argomento era la
 Resistenza e, a detta della mia insegnante, l'eccidio di passo Porzus
 non rientrava nell'argomento.

     Cordialmente,

 Matteo Sommaruga