18/01/2001

Per cortesia, almeno leggete la mia lettera allegata, per quanto essa
sia dispersiva, ma l'unica cosa che posso fare; è come un grido nel
vuoto, ma almeno qualcuno saprà quello che io sento.

Grazie, scusate il doppione vuoto,

                    Augusto Mennella


Roma, lì 18.01.2001

Spettabile redattore,
ti invio la presente missiva, come a tutti i tuoi colleghi di cui "il Giornale" riporta gli indirizzi di posta elettronica, perché le mie lettere allo stesso non vengono mai pubblicate, non so se per mio difetto di forma o vostro disinteresse, ma mia intenzione è far risaltare il disagio cresente giorno dopo giorno, di fronte ad una serie di problemi di cui non mi si annuncia una soluzione futura, anzi si prefigura un peggioramento. Io non credo di essere in grado di resistere vita natural durante a tutte le mie insofferenze, anche se quelle che sopporto ora non credevo di esserne capace. Mi sento una specie di martire/eroe subumano, cattolico controcorrente/preconciliare/eucaristico, uomo educato/perbene quantomai fuori luogo e inadatto, ed altri aforismi simili.
Non sono in grado di parlare di politica, e non è mia intenzione denunciare le colpe sinistrorse, tanto nel paese la gente media non capisce un cazzo, e il resto nenmmeno; tutti parlano di sociale, di problemi, di questo e di quell'altro, ma la vera conoscenza di un problema si ha, io credo, quando lo si vive in prima persona. Punto.
Io sono un invalido, che opponendosi al suo destino e alla scienza medica, scende in strada ogni matina alle 5.50 per recarsi al lavoro a Roma, e vi fa ritorno di solito intorno alle 20.30, in tempo, forse per vedere l'unico telegiornale coerente: "Striscia la Notizia" e poi svenire.
Tutte le mattine incontro extracomunitari del Bangladesh puzzolenti, mangiatori di aglio fino allo spasimo delle budella (nostre); ogni giorno ce n'è uno in più, col suo bravo valigione immenso che occupa due posti; i controllori non fanno loro le multe per le valigione, perché nel vano bagagli sottostante, la legge vieta il trasporto di bagagli (che senso ha?). Il loro fetore di prima mattina è quanto di meglio io possa augurare a chi ne parla favorevolmente.
Saltiamo al mio ritorno con l'autobus delle 19.00 non diretto: alla partenza ci sono fissi sei-sette di questi individui, e mano mano che la corriera prosegue la sua corsa, ne salgono sempre altri, finchè a Latina, dove io Deo Gratias scendo, sono una ventina (cioè la maggioranza) e ne salgono altri cinque-sei. Ti avrei inviato anche una foto, se il cattivo odore fosse oggettivabile. Potrei fotografare le pulci che questi amici portano con sé, e che abitano ormai sui sedili e sui vetri, ma non sono in possesso di un obiettivo per la macrofotografia. Però vi potrei mandare una foto del vomito che spesso questi pirati della Malesia rovesciano sui sedili e per terra, capirai, aglio e birra che consumano nel baretto della stazione ad Eur Fermi. Porci. Ma ieri non avevo la macchina fotografica. Poi volete sentire il comportamento cafone, volgare, prepotente, indisponente, etc. che hanno costoro, quando sono un po' brilli, e cioé tutte le sere? Si schierano sparsi nella corriera, per stare comodi, tanto nessuno si siede accanto a questi arbre-magique alla cipolla; figuratevi la scena: gente in piedi e questi individui con la pelle unta e maleodorante. Tra loro, e nei cellulari (ognuno ne è in possesso, e regola la suoneria al massimo volume), parlano (se così si può definire il suono che sembra quello ripetuto di una molla che scatta) ad 
altissimo volume, e nessuno osa dire loro nulla. A Latina, salgono anche cinque-sei ragazzi, che però restano indifferenti (io credo che quando una persona ancora non lavora, può sopportare bene anche molte altre cose). Poi in preda ai fumi della birra si mettono a cantare, si baciano, ridono, schiamazzano.
Se un controllore chiede loro il biglietto, i più non lo hanno, e presentano fotocopie di documenti dai caratteri in chissà che 'font'; e ridono.
Io il biglietto lo devo pagare, anche se esiste una normativa europea che racconta (siamo nel mito) che gli invalidi sugli autobus godono della tessera ad usufrutto gratuito; così come esiste un'altra legge(nda) che salmòdia che gli autobus regionali non possono traspostare viaggiatori in piedi. Ha, ha, ha.
I carri bestiame in cui noi laziali siamo ammucchiati sono dello zio Giovannino Battilamiera (come dice un compagno di sventura), che minacciava lo Stato Italiano di cassintegrare ...ntamila operai.
Minchia, chi parla e legifera, come i politici, dovrebbe essere costretto costituzionalmente all'uso del mezzo pubblico durante la durata del suo mandato; sai che risate, un pirata di questi che molla una loffa all'aglio vicino al ministro dei trasporti, o che gli vomita la birra sulle scarpe e sui calzoni, ha, ha, ha.
Il cittadino medio, appena può, compra un'auto dal Giovannino di cui sopra, e ci va in macchina a lavorare. Vorrei che chi cazzo parla di politiche sociali, fabbisogno di braccia, finanziamenti agli ospiti, regolarizzazione, et caeterat, dotasse me di e gli altri disadattati (cioè fuori dai piani del governo) di pullmann a parte.
Dice 'Ma perché non ci vieni in treno a lavorare a Roma?', ha, ha, ha: ieri ci ho provato, ed ho accumulato un ritardo di 40' sulla tratta Cisterna-Roma all'andata (quanti chilometri sono? 53? La media oraria di queste carrette qual'é?), mentre al ritorno, arrivato alla Stazione Termini, c'erano i fichissimi nuovi cartelloni luminosi tutti con segnalazioni nulle sulle partenze, né binari, né orari, solo le ore di probabile ritardo; e io che faccio? aspetto un'ora e mezza per sapere quale sarà il prossimo ritardo previsto? No, no, via ad EurFermi per il mio caro carro bestiame.
Che schifo.
E gli immigrati me li trovo pure all'ufficio Categorie Protette, in fila e competizione con me.
Mia madre e mio padre mi insegnarono l'educazione, il rispetto, la religione, tutti beni preziosi ed inutili in questo sistema di merda. Chi prega più al mattino e alla sera prima di chiudere gli occhi e ringraziare Dio di averci salvato il culo quest'oggi e pregarlo di non infartuarsi nella notte e non schiacciarci domani con il suo possente piede? Chi mangia più con il tovagliolo di stoffa sulle gambe, col bicchiere davanti al piatto, le posate ortogonali su di esso, beve senza risucchio e mastica a bocca chiusa? Chi proprio rispetta le più elementari norme di comportamento civile sulla strada?
Nessuno, ce l'ho con voi, gente non meticcia, che calpestate il sacro suolo italiano senza pudore.
Per questo gli emigranti del Bangladesh si trovano bene, perché noi siamo come loro, terzo mondo prossimo venturo.
E, per democrazia, estendo il discorso a tutti gli immigrati.
Ma i politici italiani, hanno studiato geografia? Sano qual'è la capitale del Bangladesh? Quanti abitanti ha? Hanno un'idea approssimativa di quante sono un miliardo di persone? Idioti.
Io una serie di idee precise sui mali del paese e delle possibili soluzioni applicabili alla demografia, al lavoro, alla sanità, alla cultura, all'educazione, alla libertà, alla giustizia, ce l'ho, ma sono personali, e che io considero assulute, vedo però intorno a me gente a cui non si possono applicare per la loro capoccia; figurati se sono poi laureati, immagina parlare del sociale ad un laureato in sociologia, che 'sa'. Fanculo, andassero a lavorare la terra. Chi cazzo fa le leggi sull'economia legata all'agricoltura, provasse prima a tenere in piedi un'azienza agricola e a salvarsi il culo; lo stesso vale per l'allevamento, le mucche pazze, il latte. Tu lavori e io mangio, e se posso mangiare di più, non ti faccio nemmeno lavorare, tanto sono cazzi tuoi.
Adesso sembra che per avere buone idee, tu debba essere: laureato con 110/110 e lode, esperto in qualità e vincitore di un concorso pubblico. Io purtroppo sono sono dotato di buon senso, ma senza attestato di frequenza.
La vita mi è faticosissima, ma vado avanti; sono sposato ed aspetto un bambino, per dimostrare che il mio spirito ottimista, ma ottimista non vuol dire farsi cacare in testa, o almeno non starsi zitto.

Dal manicomio a cielo aperto, tuo fiducioso Augusto

27/01/2001

Caro Carlo,
ti ringrazio tantissimo di aver dato voce a chi non ce l'ha; forse
nessuno lo ascolta, ma almeno può parlare. E se
qualcuno legge. Ho sempre desiderato urlare contro i mali di questo
paese in cancrena che è l'Italia, o che
era, infatti adesso non so più come chiamare questo territorio dalle
Alpi a Pantelleria, ma non ho mai saputo a
chi gridarlo. Ora mi hai dato un buco deve strillare, e, se ce la
faccio, ogni tanto getterò un urlo nel pozzo. Negli
anni ho accumulato tanto di quel rancore, che mi sono preso una vera e
propria intossicazione, e la sto curando
con gli omeopatici.

Ti invio un altro scritto, mi farà piacere se lo troverai di tuo gusto
e lo monterai sul sito, nel frattempo ti ringrazio
e ti saluto, tuo Augusto Mennella (la voce della pazzia)

P.S.: fammi sapere se ti posso mandare altre voci.