06/12/2000

Caro Pelanda

ho letto come sempre con grande interesse il suo articolo apparso sul "Giornale"
riguardante i problemi dei cambiamenti climatici, le loro conseguenze e i rimedi che dovremmo cercare di adottare.
Sono d'accordo con tutto quello che lei ha esposto ma devo anche dire che per quanto riguarda le misure da attuare per controbattere il problema del surriscaldamento del pianeta, mi sembra che lei ne abbia tralasciata una che forse meriterebbe di trovarsi in cima ad una ideale scala di priorietà: la riduzione dei nostri consumi.
A me sembra infatti che la società, ma mi riferisco ovviamente a quella fetta di società che appartiene all' "occidente" sviluppato, attuale abbia raggiunto un tale livello di consumo da poter ragionevolmente e serenamente prendere in considerazione l'ipotesi di moderare le proprie aspettative.
In Italia, come negli altri paesi del cosiddetto primo mondo, le caratteristiche del consumo hanno da tempo travalicato la soglia del necessario per sconfinare nei territori apparentemente infiniti del futile.
Automobili, telefoni, computer, giocattoli, vestiario, e mille altri gadget simili ormai riempiono le nostre città e case a un punto tale che, paradossalmente ma non poi troppo, si trasformano spesso in ostacoli anzichè benefici per il nostro buon vivere.
E' facile prendersela con l'automobile, ma come non vedere che continuiamo ad ammassare sempre più veicoli con i quali è poi sempre più difficoltoso spostarci per l'affollamento insostenibile di strade, autostrade e parcheggi, a che pro?
Perchè mai rinnovare nevroticamente i nostri guardaroba se poi abbiamo sempre meno tempo libero per godere degli stessi ?
Tutti, genitori e educatori, lamentano la mancanza di fantasia dei nostri bambini, sommersi di giochini e giochetti costosissimi che radono al suolo la loro capacità di inventare con la forza dell'immaginazione, forse la caratteristica più affascinante dell'infanzia.
Perchè dunque dobbiamo continuare ad avvitarci in questa spirale senza fine dello sviluppo senza sosta che sta ritorcendosi contro di noi ?
Non vorrei essere frainteso, non sono un fautore del ritorno ai "bei tempi andati" del lume a candela e del calesse, e mi rendo perfettamente conto che la spinta a progredire è nel DNA dell'uomo, ma mi chiedo se non dobbiamo forse riflettere su quale futuro stiamo preparando ai nostri figli.
Spero che possa trovare il tempo per una risposta che mi interesserebbe molto avere dalla sua penna (pardon, tastiera)
cordialmente
Fabio Thian
 
09/12/2000

Caro Pelanda

Prima di tutto la ringrazio di cuore per la sua risposta.
E' sintetica ma va alla radice del problema.
Lei dunque sostiene che non possiamo rallentare lo sviluppo perchè questa opzione ci priverebbe inevitabilmente dell'accesso a quelle possibili tecnologie che ci consentirebbero di "gestire" i problemi che lo sviluppo stesso provocherà.
E' una tesi probabilmente corretta purtroppo, che però ci apre prospettive poco incoraggianti.
Prima di tutto mi porrei il problema su "chi" deciderà come, quando e soprattutto quanto, investire in queste future tecnologie.
Visto il grado di coesione della comunità mondiale, a livelli istituzionali ma non solo, non mi sembra il caso di farsi eccessive illusioni.
Saranno scelte che inderogabilmente andranno, in un modo o nell'altro, a toccare interessi economici di dimensioni inimmaginabili e non riesco a credere che i paesi o gruppi di potere che ne verranno danneggiati accetteranno di pagare il conto a cuor leggero.
Immaginiamo, per fare un esempio, che un paese come l'India sia posto di fronte al bivio di una crescita economica impetuosa o di un rallentamento "pilotato" a causa di limiti e vincoli di origine ambientale.
Lei veramente pensa che la classe politica e dirigente di un paese con tali giganteschi problemi, di tutti i tipi è il caso di dire, accetterà di buon grado di autolimitarsi nel suo immenso potenziale di sviluppo, e per di più dopo aver subito per decenni lo sfruttamento da parte quegli stessi paesi che gli chiederanno
di "fermarsi", proprio nel momento in cui quello sviluppo gli consentirebbe di migliorare il già non altissimo (...) tenore di vita di milioni dei suoi abitanti ? E quanti sono i paesi nelle stesse o peggiori condizioni dell'India ai quali dovremo giocoforza chiedere questo "sacrificio" ?
A meno che, io sospetto, lei non immagini la possibilità in futuro, ma deve essere vicino, di poter disporre di tecnologie di costo irrisorio che ci permettano sviluppo a costi "ambientali" prossimi allo zero, e dunque alla portata di tutti; in questo caso, tutti felici e contenti.
Ma se questa non fosse la sua ipotesi di lavoro, mi permetta di esprimere tutto il mio più profondo scetticismo in proposito (per quello che può valere). La storia dell'umanità purtroppo ci ha insegnato che da interessi contrastanti non sono mai nate valide intese, se non al prezzo di compromessi e patteggiamenti che ne hanno inevitabilmente vanificato la reale portata.
E' vero, come lei mi ha fatto simpaticamente notare nella sua stringata risposta, è proprio "un bel casino" e credo che nelle pieghe di questa sua sincera espressione si nasconda più di un dubbio sulla soluzione che lei mi prospetta.
Visto che mi ha risposto una prima volta, raddoppio l'azzardo e le chiedo, se ciò le sarà possibile, di darmi un'altra opinione su queste mie "obiezioni".
Cordialmente
Fabio Thian