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Cultura
n. 269 del 12-11-2005 pagina 28  
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La fiducia deve regnare sovrana
Lo Stato è nato per garantire il diritto degli individui appartenenti a un popolo, con una cultura comune e che sta su di un territorio limitato da confini. Lo Stato è il responsabile, il garante, del rispetto di quei diritti su quel territorio: è sovrano. Cosa succede quando su quel territorio accadono fatti, ovvero si hanno conseguenze di fatti accaduti altrove, sulle cause dei quali lo Stato non può esercitare la sovranità? Come può garantire il rispetto dei soggetti presenti sul suo territorio?
È uno dei temi più complicati che emergono dalla globalizzazione e che sta alla base di ogni discussione su come intervenire per guidarla maggiormente. È necessario un governo mondiale? È la posizione del cosmopolitismo. È necessario trasferire quote di sovranità degli Stati a un organismo soprannazionale? È la posizione degli internazionalisti liberali. Non si può neanche discutere di toccare la sovranità nazionale? È la posizione dei nazionalisti duri e puri.
Tra le posizioni più ragionevoli spicca quella di Carlo Pelanda e Paolo Savona,
che si sono cimentati in passato col tema nel libro Sovranità & Ricchezza. Come riempire il vuoto politico della globalizzazione (Sperling & Kupfer, 2001) e vi tornano oggi in Sovranità & fiducia. Principi per una nuova architettura politica globale, edito ancora da Sperling & Kupfer (pagg. 204, euro 19). In questo secondo libro, Pelanda e Savona trattano della fiducia come di qualcosa a rischio. La fiducia consiste «nell'idea che il domani potrà essere migliore dell'oggi, in un sistema globale che ha un crescente bisogno di ottimismo per generare e diffondere ricchezza».
 
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