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Carlo Pelanda: 2015-4-30Milano Finanza e Italia Oggi

2015-4-30

30/4/2015

Si intravede un limite geopolitico al ribasso del petrolio

Gli analisti stanno valutando se il recente rialzo del prezzo del petrolio di circa il 20% continuerà oppure no. La sensazione prevalente è che non aumenterà, probabilmente tornando in discesa, perché l’eccesso di offerta sarà prolungato. Ma il prezzo del petrolio non può essere scenarizzato con i soli strumenti dell’analisi economica tipica in quanto è troppo influenzato da variabili politiche e finanziarie. L’analisi dovrebbe basarsi, invece, su un approccio di geopolitica economica e, nelle contingenze, essere orientata da due domande. C’è una trattativa politica dove gli attori tentano di individuare un prezzo tendenziale di convergenza oppure no? Se sì, quale potrà essere questo prezzo? La trattativa c’è. Al netto delle indiscrezioni che segnalano frenetiche e multiple attività diplomatiche e di lobbying è cosa ovvia: troppi Stati sono in difficoltà per il calo dei proventi petroliferi e troppi investimenti privati nel settore sono stati sospesi per il rischio di non essere remunerati. Inoltre, sono a rischio di insolvenza i prestiti che finanziano lo shale oil negli Stati Uniti in dimensioni tali da far temere una crisi finanziaria globale. In particolare, si è creata una situazione dove gli attori che più avevano interesse a ridurre il prezzo - Stati Uniti per motivi economici interni e contro Russia ed Arabia saudita contro tutti per mantenere la posizione dominante nel mercato, pronta a megaperdite per riuscirci - hanno trovato svantaggi insostenibili ed hanno dovuto modificare la loro postura da lassista e/o ribassista a rialzista. Forse i recenti cambiamenti nelle gerarchie saudite sono collegati a tale revisione. La mano (geo)politica, per lo più via operazioni finanziarie, può spostare temporaneamente i mercati, ma non può farlo a lungo se contro il mercato stesso, nello specifico caratterizzato da eccesso di offerta. Tuttavia, può definire una soglia di prezzo politico sotto il quale non si potrà scendere. I segnali fanno ipotizzare un accordo tra America e sauditi, forse con altri, per tenere i prezzi attorno ai 60 dollari al barile come soglia minima. Tale prezzo soddisfa la sostenibilità finanziaria di shale oil e gas, evita l’implosione di tanti gruppi energetici, nonché delle Borse, ed anche la strategia saudita di ridurre la produzioni future altrui. Mantiene in difficoltà la Russia, non ha troppo impatto sull’economia interna statunitense ed attutisce i problemi di bilancio di molti Paesi produttori. Questo sembra il compromesso che porta a prevedere un limite al ribasso pur in situazione di eccesso di offerta.

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