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Carlo A. Pelanda
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Carlo Pelanda: 2003-7-4il Giornale

2003-7-4

4/7/2003

La vera realtà europea

Sotto l’eurofuffa c’è qualcosa di molto serio: ce la farà l’Italia a resistere alle pressioni di Francia e Germania che la vogliono rimettere in gabbia dopo che Berlusconi ha rotto le sbarre e la ha fatta volare? Valutiamo lo scenario con realismo, scusandomi con tutti coloro che, abbindolati dall’europeismo lirico pensano che l’Europa sia un luogo di gentilezze cooperative. In realtà è un intreccio di politiche di potenza nazionale: la dimensione europea non ha cancellato le guerre intraeuropee, ne ha solo modificato la natura da diretta ed aperta ad indiretta e sotterranea. Per fortuna non c’è più violenza, ma la situazione di conflitto per i classici scopi di dominio grande o piccolo resta. Non provate disincanto, tuttavia, perché la grandezza del metodo di costruzione europea è proprio quello di riuscire a comporre tali interessi nazionali attraverso compromessi "do ut des". Ma nemmeno illudetevi: in Europa conta solo la forza. Con questo in mente vediamo lo scenario.

Dal 2001 il governo Berlusconi ha trasformato da passiva in attiva la politica estera italiana. Tale mossa ha rotto la teoria precedente di collocazione geopolitica del nostro Paese: terzo e appecoronato dietro Francia e Germania. Dottrina sviluppata dall’Ulivo dal 1996 in poi non tanto per scelta, ma per necessità: cedo la sovranità ai diarchi (di allora) europei per ottenere l’accesso all’euro nonostante il disordine interno. Cedimento, per esempio, che implicò la messa a disposizione del sistema industriale e finanziario italiano a favore di quelli francese e tedesco. Il secondo, per fortuna nostra, non attuò strategie di dominio particolarmente pesanti sia perché depresso da una crisi interna sia perché dal 1998 la guida del governo passò ai socialdemocratici ed ai verdi che si concentrarono più sugli affari interni che su quelli esterni. Infatti nei think tank che frequento si fa spesso la battuta: da un lato, la vittoria della sinistra in Germania ha creato un disastro economico che deprime, per contagio, tutta l’eurozona; dall’altro la sua politica introversa ed economicamente inefficiente riduce, pur solo temporaneamente, l’espansionismo tedesco. Parigi, invece, tentò molto più seriamente di mettere sotto la sua influenza l’industria militare, energetica, parte della finanza, ecc., italiane. Tali storie dovrebbero essere raccontate in dettaglio per farvi vedere cosa in realtà siano i giochi di guerra indiretta intraeuropei. Ma qui lo spazio permette di sottolineare solo il punto essenziale: il governo Berlusconi salvò l’Italia da questa invasione per noi svantaggiosa. I rapporti con Parigi, da allora, sono pessimi per questo. E sono perfino peggiorati quando l’Italia, sfilandosi dalla diarchia franco-tedesca (nel frattempo sfilacciatasi) ha dato la massa critica che mancava all’Europa atlantica per esprimersi. Se l’Italia sta sotto Parigi e Berlino allora l’Unione Europea va in quella direzione. Se si toglie, allora, la maggioranza dell’Europa va nell’altra. Parigi e Berlino sono state isolate e geopoliticamente annullate da questa nuova centralità italiana e dalla sua svolta. Quindi è loro comprensibile interesse rimettere l’Italia, il leone, in gabbia. Da qui deriva il problema posto in apertura e l’aspettativa di una pressione destabilizzante contro il governo Berlusconi.

La Germania non ha interesse a condizionarci per spezzare l’asse atlantico, che sottobanco le va bene rafforzare in quanto fusa economicamente con l’America, ma non tollera la nostra nuova relazione privilegiata con la Russia in quanto ne pregiudica molti interessi concreti. De Michelis, nel 1991, tentò di contenere l’espansione geoeconomica tedesca ad est attraverso l’iniziativa "Esagonale". Idea geniale, ma con poca forza a quei tempi. Con l’aggiunta della Russia, invece, funziona anche se il nostro interesse non è di danneggiare i tedeschi, ma di assicurarci un buon rifornimento energetico da Mosca oltre che cooptarla nella Nato e nell’Unione. Il secondo sì (anche) un tentativo di bilanciare il gigante tedesco quando si rimetterà in moto. Ci aiuteranno Regno Unito e Spagna? Non è del tutto certo quando si parla di interessi concretissimi anche tra amici. Londra teme la nostra maggiore influenza nel Mediterraneo. La Spagna potrebbe sentire della competizione con noi in relazione ai rapporti con gli Usa e divergenze sull’allargamento verso est. La Francia al momento è calma perché isolata, ma appena potrà, probabilmente anche se spero vivamente di no, darà un colpo all’Italia per i motivi detti sopra. Evidente quindi l’interesse da parte di molte nazioni di usare le sinistre italiane ed europea, loro dintorni o soggetti spaventabili, per indebolire o delegittimare o mettere sotto ricatto Berlusconi. O, nella peggiore delle ipotesi (ma già forse praticata sottobanco in occasione del golpe 1994) di destabilizzarne il governo. Tale quadro è molto più complicato, ma gli accenni fatti servono a darvi l’idea di cosa voglia dire cercare di muovere l’Italia fuori dall’angolo in cui è rimasta ferma per decenni, per ottenere più vantaggi nazionali e per influire sulla direzione europea e mediterranea in base a idee finalmente nostre e non solo importate o, peggio, ascare. In questa complessità qual è il punto sul quale noi semplici lettori od analisti possiamo intervenire? Capire quale sia la realtà per non diventare complici inconsapevoli della destabilizzazione che potrebbe essere tentata in nome strumentale dell’Europa contro Berlusconi. Basterebbe.

(c) 2003 Carlo Pelanda
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