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Carlo Pelanda: 2014-11-4Il Foglio

2014-11-4

4/11/2014

L’eurocentralizzazione della vigilanza bancaria crea di fatto un garante europeo dei debiti nazionali

Il primo passo di realizzazione dell’unione bancaria (2012) in forma di vigilanza centralizzata delle maggiori banche dell’Eurozona, e di supervisione della residua vigilanza nazionale su quelle più piccole (4 novembre 2014) renderà sempre meno possibile sciogliere o scindere l’euro perché ciò comporterebbe una crisi bancaria ad impatto distruttivo globale. Il mantenimento delle vigilanze e regolamentazioni nazionali avrebbe, invece, reso un po’ più gestibile lo scenario di ritorno alle sovranità monetarie. Il punto: non si potrà più destrutturare l’euro sperando di gestire un de-evoluzione governabile, ma questa moneta non potrà continuare senza la costruzione di pilastri che ora mancano. Il pilastro fondamentale sarebbe quello di una politica economica confederale che con denaro fiscale e politiche d’eccezione possa bilanciare gli squilibri dovuti all’impatto della stessa moneta su economie diverse, evitando shock asimmetrici. L’euro fu fatto pensando proprio che la sua esistenza avrebbe poi costretto le nazioni ad accettare un modello confederale per stabilizzare la moneta. Ma ciò non è successo, non succederà nei prossimi anni pur non escludendo che possa accadere nel futuro remoto. Questo è un enorme problema per parecchie nazioni ad alto debito: hanno mantenuto la sovranità sul debito stesso, ma la hanno ceduta sui mezzi per ripagarlo (bilancio, cambio e moneta) ad un agente europeo (Ue e Bce) che non ha gli strumenti per gestirli, cioè la possibilità di flessibilizzare i vincoli ai bilanci nazionali e la capacità di agire come garante di ultima istanza. Tale problema rende l’area monetaria molto lontana dall’ottimo e vulnerabile all’implosione. Per ridurre tale vulnerabilità la Ue non ha mezzi basati sul consenso dei governi e la Bce ha l’unico strumento (indiretto) del cambio, che infatti sta usando per reflazionare il sistema via svalutazione. Troppo poco. L’apertura delle euroregole ai deficit pubblici stimolativi di grandi dimensioni è improbabile, per lo meno fino a che non si arrivi, eventualmente, ad un centimetro dal burrone. Quindi l’unico pilastro realistico che potrebbe tenere in piedi l’eurobaracca appare essere la creazione di un prestatore di ultima istanza anche garante di fatto degli eurodebiti pubblici. I tentativi di costruirlo a livello di accordo intergovernativo, per esempio gli eurobond, sono falliti e falliranno. Ma la vigilanza bancaria centralizzata apre un’altra opzione. Vigilare le banche significa implicitamente tutelarle nell’ambito della missione di garanzia verso il mercato (stabilità monetaria, cioè la base del risparmio). L’unione bancaria, infatti, procederà – secondo passo - istituendo un meccanismo di gestione fluida dei (piccoli) fallimenti bancari e, soprattutto, un fondo di tutela europeo dei depositi come terzo e finale passo di compattazione. Il vigilante Bce, in questo caso con conflitto di interesse produttivo, è anche stampatore di moneta e quindi appare ovvio prevedere che in casi di crisi (grave) dei debiti che impattino sulla stabilità dell’intero sistema bancario la Bce dovrà garantire i debiti stessi, monetizzandoli. In conclusione, la vigilanza bancaria centralizzata costringerà la Bce a diventare più chiaramente quel garante indiretto di ultima istanza dei debiti sovrani che lo statuto le impedisce ora di essere direttamente. Ciò consoliderà l’euro e suggerisce una riflessione: invece di sprecare tante energie sugli scenari di de-evoluzione dell’euro sarebbe meglio impiegarle per capire come un’area monetaria pur sub-ottimale potrà comunque funzionare, snaking (draghing) around.

(c) 2014 Carlo Pelanda
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