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Carlo Pelanda: 1998-3-13Il Foglio

1998-3-13

13/3/1998

Per favore, un po' più di sano cinismo nell'opinione pubblica in materia di politica estera

Dini, qualche mese fa, si é lamentato del fatto che la politica estera non riceve l'attenzione dovuta. E' vero. Le prime pagine ne parlano solo a ridosso di situazioni spettacolari. Ma questo é normale. Non lo é, invece, ed é pericoloso, il fatto che le cronache ed i commenti si concentrino sugli aspetti più emotivi e moralistici di questi eventi e loro contesti. Il risultato é che l'opinione pubblica sui temi di politica estera tende a formarsi in modi vaghi e volatili: troppi considerano eticamente brutto perfino il pensare in termini di "interesse nazionale" (tanto "siamo europei") o ritengono che per evitare una guerra basti invocare a parole la pace o, veramente buffo, chiamano "Europa" una cosa che in realtà é "Germania". E perché accade? Per il fatto che negli ultimi decenni l'Italia é stata una colonia senza responsabilità e problemi internazionali di rilievo, cioé una nazione a finestre chiuse. Quindi l'irrealismo delle opinioni e la conseguente pressione moralistica sui governi non comportava conseguenze eccessive. Ora l'Italia é diventata indipendente suo malgrado e deve tornare a fare politica estera. E per farlo bene ha bisogno di un'opinione pubblica non solo più istruita in materia, e per fortuna le buone penne ci sono, ma sopratutto più psicologicamente attrezzata a capire i criteri di gelido e cinico realismo su cui si basano le relazioni internazionali. Così le buone penne potranno dire pane al pane. Inizio io nel tentativo di (ri)legittimare il cinismo-realismo con un piccolo esempio.

La fine del sistema bipolare ha rimesso in moto problemi di sicurezza che erano stati congelati per almeno 50 anni. L'Italia abituata ad importare sicurezza a basso a costo in quel mondo si trova ora, invece, costretta sia ad esportarne di più sia a pagare un prezzo maggiore per ottenerla. Si tratta di decidere quale nuova architettura politica internazionale ci faccia spendere meno per avere una sicurezza ragionevole. Ma ci pensa la NATO, cioé mamma America, potrebbe dire uno. Certo. Ma adesso si paga.

Per esempio, nella guerra del Golfo del 1991 abbiamo mandato una manciata di aerei a far la guerra. Quei bravi piloti, alcuni di loro realmente eroici, ci hanno fatto risparmiare almeno 3-4 miliardi di dollari pur avendo svolto un ruolo solo simbolico e politico. Infatti la Germania o il Giappone, che non se la sono sentita di forzare il loro consenso interno e che non hanno mandato truppe sul fronte, si sono beccati una fattura astronomica da parte dagli americani. Questi hanno fatto pagare a tutte le nazioni dell'alleanza occidentale e dintorni il loro intervento bellico: complessivamente circa 70 miliardi di dollari. Ed é ovvio. L'azione serviva a difendere un prezzo basso del petrolio e gli americani si son fatti rimborsare il servizio. Per inciso, il Kuwait, Emirati e sauditi hanno dovuto pagare la tranche maggiore del conto - un salasso- e si capisce perché, nel 1998, sono stati reticenti nel dare l'assenso ad un'azione militare americana contro l'Irak. Appunto, si guarda ai soldi.

Comunque il punto é che nel passato bipolare questa azione sarebbe costata all'Italia solo il suo essere e restare nella NATO con un ruolo minimo sul piano militare, ma importante su quello politico, equivalente ad un impegno di bilancio difesa attorno all'1% del Pil all'anno. Ma nel presente, finita la minaccia sovietica che costringeva gli americani a iperfinanziare la coesione dell'alleanza concedendo ad ogni paese un costo di burden share forfettario, e quindi basso, ogni nazione si trova a fronteggiare un aumento improvviso di costi per la sua sicurezza. Metterla così sembra cinico, ma é la semplice realtà dei fatti. E spiega realisticamente alcuni che stanno avvenendo e che ci interessanoi direttamente.

Per esempio, la Germania sta reagendo a questo problema tentando di tenere bassi i nuovi costi di sicurezza riducendo la propria area di responsabilità geopolitica a zone più sicure. Per esempio, il Mediterraneo é una fonte potenziale di costi militari enormi, diretti ed indiretti. Allora cerca di sfilarsi e mettere un muro tra sé e i guai e gli assegni eventuali da pagare agli americani. Infatti la scelta di lasciare fuori dall'Europa la Turchia - occhio di qualsiasi ciclone geopolitico nel mediterraneo e nel teatro centroasiatico- non é tanto dovuta, come detto frettolosamente da troppi giornali, alla paura di avere troppi immigrati turchi che si aggiungono ai milioni già esistenti, quanto a quella di dover spendere un mucchio di soldi in più per la sicurezza del fronte sud invece che per i disoccupati di quello interno. Cinico? No, per il loro interesse nazionale (tra l'altro espansivo verso est) é perettamente realistico. Ma questa scelta tedesca implica che l'Italia dovrà pagare di più prorio perché non ha l'opzione di togliersi dal Mediterraneo e dintorni. E dovrebbe manovrare con altrettanto realismo, in fretta.

Un po' di sano cinismo nella formazione dell'opinione pubblica spingerebbe il governo ad un maggiore e dovuto realismo nell'azione di politica ester

(c) 1998 Carlo Pelanda
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