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Carlo Pelanda: 2012-5-22La Voce di Romagna

2012-5-22

22/5/2012

Aiutare la Grecia significa salvare noi stessi

La Grecia è diventato un caso distruttivo per evidente errore dell’Europa dominata dal criterio tedesco. Se un ente europeo, infatti, avesse garantito il debito greco ai primi del 2010, assorbendolo e sterilizzandolo, il costo del salvataggio sarebbe stato attorno ai 140 miliardi di euro, recuperabili. Il non averlo fatto è costato per contagio, finora, almeno 1.500 miliardi tra perdite nelle Borse europee ed aumento dei costi di rifinanziamento dei debiti. Quando il mercato ha visto che la Germania si opponeva a salvataggi della Grecia, ha proiettato tale dato negli altri casi o di economia debole, cioè senza base industriale, quali quelli di Spagna e Portogallo, o di economia forte, ma molto indebitata, quali l’Italia, toccando anche Francia ed Olanda. In sintesi, per risparmiare 140 miliardi ne sono stati persi più di dieci volte tanto, si è distrutta la ricchezza nazionale e la stabilità democratica della Grecia, si sono messe a rischio, senza vero motivo tecnico, altre nazioni. Non solo. Ormai il mercato sconta con probabilità crescente la dissoluzione dell’euro. Qualora accadesse il costo dell’impatto sarebbe pauroso: distruzione dei risparmi ed erosione del potere d’acquisito delle pensioni in molte nazioni europee. La Germania stessa avrebbe un danno fatale. Il ritorno alle monete nazionali vedrebbe, per esempio, la lira svalutata di almeno il 50% sul nuovo marco tedesco. Le merci tedesche diventerebbero meno competitive e la Germania andrebbe in seri guai. Ma allora sarebbe buono per l’Italia, alla fine? In teoria sì, ma l’eccesso di competitività valutaria porterebbe poi a protezionismi entro l’Europa, spaccando la stessa Ue. Va poi considerato che se l’euro saltasse l’intero mercato globale cadrebbe in depressione, riducendo il commercio internazionale e le esportazioni di tutti. Il costo di tale eventualità equivale alla distruzione di circa 50 trilioni di dollari e una decapitalizzazione di entità tale del mondo intero da tenerlo in depressione almeno per 15 anni. L’uscita della sola Grecia dall’euro potrebbe essere gestita senza conseguenze sistemiche? Banche private, governi ed istituzioni internazionali stanno tentando di scenarizzare l’eventualità per trovare i mezzi utili a contenere l’impatto. Da un lato, alcuni mezzi sono stati individuati. Dall’altro, nessuno può assicurare che potranno bastare a calmierare una crisi di fiducia globale. Per tale motivo la scelta migliore resta quella di assorbire tutto il debito greco, già tagliato con procedure di insolvenza parziale, in un pacchetto che lo sterilizzi, lasciando nel contempo alla Grecia risorse sufficiente per ristabilizzarsi e tornare lentamente alla crescita. Chi e come potrebbe fare una cosa del genere? Basterebbe che la Bce avesse il permesso di garantire tutti gli eurodebiti, comprandone una parte se servisse, e acquistando tutto o buona parte di quello greco. Lo potrebbe attuare senza grossi problemi, come stanno facendo le Banche centrali di America, Regno Unito, Giappone, ecc., in casa loro e se lo facesse la crisi si chiuderebbe in un attimo. Quanto costerebbe? Ad occhio sui 350 miliardi di dollari, ma recuperabili per il fatto che il debito greco così garantito manterrebbe la sua ripagabilità nel tempo, con modalità riorganizzate. Poniamo che tra altri costi di rifinanziamento del sistema bancario ed aiuti diretti si arrivi a 500 miliardi. In relazione al rischio di distruggere ricchezza in quantità 100 volte maggiore non mi sembra ci siano dubbi su quale scelta prendere: aiutare la Grecia, subito, in modo totale. Lo vorrà fare la Germania? Dovremo farglielo fare con tutti i mezzi possibili.

(c) 2012 Carlo Pelanda
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