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Carlo A. Pelanda
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Carlo Pelanda: 2009-5-19La Voce di Romagna

2009-5-19

19/5/2009

La necessità di un nuovo modello europeo

I lettori vogliono capire quale sia la giusta formula per uscire dalla crisi. Ci sono le conoscenze per individuarla? Certamente, il problema non è cognitivo, ma politico. L’analisi storica aiuterà a chiarirlo.  

 I governi di tutto il mondo, al momento, hanno ben colto la lezione della crisi degli anni ’30. Dopo la crisi borsistica del 1929 la depressione fu causata da errori gestionali. Invece di ridurre le tasse e dare liquidità al mercato in America alzarono le prime e restrinsero la seconda. Ciò causò il crollo del mercato statunitense. Ma la depressione mondiale fu causata da un altro errore. Gli Stati reagirono alla crisi internazionale attivando il protezionismo interno. Ciò fece crollare il commercio internazionale e fu la catastrofe. Il crollo di Lehman Brothers nell’estate 2008 è stato un evento simile – per capacità di innesco tecnico e psicologico della crisi – al crollo borsistico del ’29, ma questa volta le autorità monetarie hanno reagito dando la giusta liquidità, anche troppa, senza alzare le tasse e senza attivare protezionismi eccessivi, pur forte la pressione interna a farli. Grazie a questo si è evitata la depressione mondiale. In sintesi, i governi hanno fatto le cose giuste derivate dalle lezioni storiche, ma che non implicavano cambiamenti faticosi dei loro modelli interni. Dalla storia, tuttavia, viena un’altra lezione che spinge a cambiarli. I programmi di spesa pubblica antidepressivi in America ed in Europa negli anni ‘30 stabilizzarono le situazioni, ma impedirono la ripresa robusta del mercato. Ciò è controverso perché poi ci fu la guerra mondiale che rese difficile valutare gli esiti di quelle politiche. Ma si può dire che la ricetta statalista non funzionò. Ne è controprova l’analisi comparata delle crisi globali successive: anni ’70, primi anni ’90, 2001-03. Nella prima il modello europeo reagì aumentando le protezioni stataliste e quelli americano ed inglese – Reagan e Tatcher – liberalizzando e dando maggiore libertà al mercato. Nelle seguenti, semplificando, lo stesso. In tutte si osserva che l’uscita dalle crisi è stata lenta, seguita da stagnazione endemica con solo parziale riassorbimento della disoccupazione in Europa mentre è stata più veloce e con crescita robusta dove il mercato era più libero. Tale scenario si sta ripetendo ora. Con una complicazione. L’America, locomotiva globale il cui crollo ha causato la caduta della domanda mondiale, si riprenderà, ma con meno forza. Ciò significa che tutte le economie usualmente basate su poca crescita interna bilanciata da un alto volume di esportazioni – tipica dei modelli statalisti, in particolare Germania ed Italia - avranno meno traino dalla domanda globale. Pertanto dovrebbero fare più crescita interna per bilanciare la riduzione dell’export. Ma ciò significa, per l’Europa, cambiare modello economico aumentando la libertà del mercato e riducendo tasse, spesa ed apparati pubblici. Se si facesse così usciremmo presto e bene dalla recessione. Ma i governi europei o non vogliono o non si sentono in grado di farlo perchè gli elettorati in Francia, Germania – meno in Italia - chiedono più Stato e protezioni nazionali e non più mercato e più Europa. Il punto: realisticamente, questa situazione non cambierà. Ma è possibile trovare un compromesso affinché ci sia almeno un po’ più di mercato propulsivo interno e un po’ più di mercato europeo integrato con il suo effetto volano. Tale compromesso è la giusta formula per uscire dalla crisi e dovremmo tutti, lettori, elettori, professori e politici, di qualsiasi tendenza, impegnarci per individuarlo e realizzarlo. 

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